di Massimo Badiali

Non tutta la materia del disco però era destinata a cadere su quel corpo centrale che sarebbe presto diventato il nostro Sole. Per un corpo che ruota attorno ad un centro di gravità ad una data distanza, esiste una velocità in cui l’attrazione è compensata dalla forza centrifuga. A questa velocità il corpo segue un’orbita stabile intorno all’attrattore (velocità orbitale), mentre i corpi più lenti cadono verso di esso, e quelli più veloci se ne allontanano. Così, mentre il corpo centrale cresceva e cominciava a scaldarsi fino al punto di diventare una stella, nel grande disco intorno ad esso avveniva una selezione che privilegiava i corpi che avevano la velocità “giusta” rispetto alla loro distanza dal corpo centrale. Non solo, ma l’attrazione gravitazionale reciproca dei corpi che componevano il disco facilitava l’accrescimento dei corpi maggiori che inglobavano quelli minori: aveva luogo la formazione dei pianeti.

Struttura della Nube di Oort (dal nome dell’astronomo danese Jan Hendrik Oort)
Credito: Oregon University – Glossary

Oggi, a distanza di quasi cinque miliardi di anni, i pianeti che sono ancora in orbita sono stabili. Lo spazio dell’odierno sistema solare è molto più pulito rispetto a quando il sistema era giovane e il cielo era pieno di detriti, massi, meteoriti, planetoidi, pianetini.

L’appiattimento del disco protoplanetario e le collisioni che hanno operato la selezione il cui risultato oggi permette l’esistenza della Terra e della vita, è stato particolarmente efficace per la regione molto prossima al Sole e cioè la regione in cui era densa la materia collassata e il moto di rivoluzione intorno alla protostella era più rapido.

Secondo la nota legge di Kepleroicona_biografia, la velocità orbitale diminuisce all’aumentare della distanza dal centro: vale a dire, il moto orbitale è tanto più lento quanto più ci si allontana dal Sole.

A distanze relativamente più grandi, oltre l’orbita di Nettunoicona_linkesterno, i moti sono più lenti, la densità dei corpi è minore, anche se forse c’è ancora, dispersa in uno spazio enorme, una grande quantità di materia sotto forma non solo di gas interstellare, ma anche di corpi solidi, rocciosi. Ci sono indizi che suggeriscono l’ipotesi dell’esistenza della nube di Oort  icona_linkesterno, cioè di un enorme guscio sferico di detriti, gas e polveri, resto remoto della nostra nube-madre primordiale, che circonda il Sistema Solare.

A grandi distanze non c’è stato un forte processo di accrescimento per collisioni come vicino al Sole.

Se vi sono pianeti, essi sono mediamente più piccoli e più difficili da vedere, anche perché scarsamente illuminati da un Sole molto lontano: oltre cinquanta volte di più della distanza Sole-Terra. Lo stesso Plutone è più piccolo della Luna, e il corpo appena scoperto, Sednaicona_pdf(Quark n. 39) icona_linkesterno, è ancora più piccolo e tre volte più lontano.

Perché chiamarlo Sedna, col nome di una dea del mare? Forse perché la dea è esquimese, e il mare artico richiama l’immagine di spazi freddi e desolati, con un sole fioco. Mai così fioco come deve apparire il Sole dalla superficie scura di quel nostro compagno lontano.

Rappresentazione artistica di Sedna,candidato a decimo pianeta del Sistema Solare. La decisione sulla sua effettiva designazione sarà presa dall’International Astronomical Union. Credit Hurt (SSC-Caltech), JPL-Caltech, NASA