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Ho alcuni dubbi su qualche concetto dell'elettromagnetismo: quale è la relazione tra la intensità del campo in un punto e la carica dell'oggetto che li genera? Questa relazione ( la proporzionalità) è riportabile a concetti più elementari che non la carica elettrica; cioè cosa è la carica elettrica in termini di particelle elementari? Cosa si intende per vettore campo elettrico? Come si possono definire geometricamente le linee del campo elettrico? Sono diverse da quelle del campo magnetico? (Vittorio)

 

sem_esperto_verdeCome altri concetti assolutamente basilari in fisica (massa, energia, ecc.) la carica elettrica può essere definita come una proprietà fondamentale della natura, un’entità capace di generare un campo elettrico icona_esperto[156] . Ha senso, dunque, domandarsi come agisce e come influenza lo spazio ad essa circostante, ma non quale sia la sua natura intrinseca. Gli esperimenti dimostrano che la carica è una grandezza fisica scalare , che vi sono due specie di carica elettrica, chiamate da B. Franklin positiva e negativa e che sono solo due poiché non si è mai osservato un oggetto carico respinto sia da una carica positiva che da una negativa o attratto da entrambe. Sappiamo che la materia è costituita da atomi icona_glossario i quali, nello stato fondamentale, sono elettricamente neutri, ossia il numero di particelle cariche positivamente in essi contenute (i protoni icona_glossario) eguaglia quello delle particelle cariche negativamente (gli elettroni icona_glossario ). Quando si parla di carica elettrica di un corpo, dunque, si intende carica residua non compensata, cioè atomi con difetto di elettroni in un corpo carico positivamente e atomi con eccesso di elettroni in un corpo carico negativamente. Un’altra importante caratteristica della carica elettrica è che in un sistema isolato la quantità di carica netta si conserva sempre (nell’elegante linguaggio delle teorie “di gauge” questo corrisponde all’aver trovato una particolare “simmetria della lagrangiana” elettromagnetica). La quantità di carica fondamentale è quella dell’elettrone (|e| = 1.6510–19 C), mentre tutte le altre cariche sono multipli interi di ±e.

In realtà il Modello Standard delle particelle elementari (sinora verificato dagli esperimenti fino ad altissimi livelli di capacità predittiva) descrive la materia come fatta da due categorie di particelle, prive di struttura e puntiformi fino alla scala di dimensioni finora accessibile dagli esperimenti : leptoni e quarks APP . I leptoni portano carica elettrica intera: 0 (i neutrini) o ±e (l’elettrone, il muone, il leptone t). I quarks, di cui esistono 6 varietà o “flavours” (sapori - ndr icona_fumetto), portano invece carica elettrica frazionaria: 2/3 | e| e -1/3| e| e sono i costituenti fondamentali degli adroni (ossia delle particelle che interagiscono fortemente) mediante due tipi di combinazioni: a tre quarks per formare i barioni, come il protone e il neutrone, a coppia quark-antiquark per formare i mesoni, particelle instabili che non si trovano nella materia cosiddetta “ordinaria”, ma che sono estremamente importanti nella fisica delle interazioni fondamentali. Il fatto che i quarks portino carica elettrica frazionaria e che essa abbia i valori sopra indicati discende dalle relazioni che sussistono fra i loro “numeri quantici” (numero barionico, isospin e la stessa carica elettrica, che è un numero quantico additivo conservato nella teoria). Nonostante la teoria dei “quarks” abbia avuto innumerevoli conferme sperimentali indirette, la natura della forza forte che li tiene legati all’interno degli adroni impedisce di osservare i quark liberi (questa proprietà viene anche definita confinamento) agli attuali esperimenti di fisica delle particelle. Va detto infine che la elettrodinamica quantistica (QED) predice come la carica elettrica efficace, che definisce l’accoppiamento nell’interazione elettromagnetica, che in elettrodinamica classica è una quantità fissa e definita, a livello delle particelle elementari non è strettamente costante, ma varia con la distanza (o, equivalentemente per il principio di indeterminazione di Heisenberg icona_biografia , con l’energia) a cui avviene l’interazione. A grandi distanze, infatti, anche nel vuoto, la carica elettrica “nuda” dell’elettrone può essere schermata e, pertanto, ridotta (polarizzazione del vuoto).

Per vettore campo elettrico generato in un punto P dello spazio da una o più cariche si intende il vettore E espresso dalla seguente relazione (1):

E = F/q        (1)

dove F è la forza (determinabile con la legge di Coulomb) agente su una carica di prova posta in P e q è il valore della carica della particella di prova. Poiché F è un vettore, il campo elettrico è anch’esso un vettore. La carica o le cariche che lo generano sono dette sorgenti del campo e modificano le proprietà dello spazio circostante nel senso che una qualunque altra carica posta nel campo viene sollecitata da una forza elettrica. Il campo esiste in P indipendentemente dalla presenza o meno in P della particella di prova. A sua volta la carica q, per convenzione positiva, deve essere piccola abbastanza da non perturbare la distribuzione della (o delle) cariche sorgenti. Supponiamo il caso, per esempio, di una carica q posta vicino ad una sfera uniformamente carica. Se q è piccola abbastanza essa non altera la distribuzione di carica sulla sfera, mentre all’aumentare di q la carica sulla sfera si ridistribuisce e il rapporto delle forze sulla carica di prova è diverso. Sperimentalmente, dunque, si osserva che il rapporto F/q e la direzione della forza tendono a diventare costanti via via che la quantità q diventa piccola. I valori limite di tale rapporto e di tale direzione definiscono E (in realtà il fatto che la carica elettrica assuma, come detto sopra, solo valori eguali o più grandi dell’unità di carica fondamentale, quella dell’elettrone, rende questo passaggio al limite una idealizzazione matematica). Dalla legge di Coulomb e dalla (1) il vettore che rappresenta il campo elettrico generato da una carica puntiforme Q in un punto P che è la posizione di una carica di prova a una distanza r da Q è dato da:

\[E(r)=kQ \frac{\hat{r}}{r^2}\]

dove \(\hat{r}\) è il vettore di modulo unitario (versore) diretto lungo la congiungente P con Q e il verso di E è uscente da Q se Q è positiva e entrante se Q è negativa. La costante k è determinata dall’unità di misura scelta per la carica elettrica e, nel sistema MKSA, è data da: \(k=\frac{1}{4\pi \epsilon_0}\) dove ε0 ( = 8.8545×10-12 farad/m) è la costante dielettrica del vuoto.

L’osservazione sperimentale che le forze dovute a più cariche si sovrappongono si traduce nel fatto che il vettore che rappresenta il campo elettrico totale in un punto dovuto a un insieme di particelle cariche risulta essere la somma vettoriale dei campi elettrici di tutte le particelle in quel punto: \(E=k\sigma_i q_i \frac{\hat{r}_i}{r^2_i}\) mentre nel caso in cui il sistema di cariche può essere considerato un continuo (distanza media di separazione fra le cariche sorgenti molto piccola in confronto a quella del punto dove si vuole calcolare il campo) la sommatoria di cui sopra diviene: \[E=\zeta dQ \frac{\hat{r}}{r^2}\] dove dQ è una quantità infinitesima di carica e l’integrazione è stesa a tutta la carica che genera il campo.

Una rappresentazione grafica molto utile, anche agli effetti pratici, per la visualizzazione della configurazione del campo è quella che utilizza le linee di campo (o di forza).

Le linee di campo elettrico possono essere definite geometricamente come linee per cui:

a) la tangente ad esse in ogni punto rappresenta la direzione del vettore campo elettrico E in quel punto;

b) il numero di linee di forza per unità di area che attraversano una superficie perpendicolare alle linee stesse è proporzionale all’intensità del campo elettrico in quella regione. Ciò equivale a dire che le linee si addensano dove il campo è più intenso;

c) non si incrociano mai;

d) non si richiudono su se stesse, ossia non è possibile raggiungere con un percorso chiuso uno stesso punto seguendo una linea di forza sempre nello stesso verso, ma hanno origine dalle cariche positive ( si può dire che il campo elettrico “esce” da queste) e terminano su quelle negative (dove converge il campo elettrico). Per esempio, nel caso di due cariche puntiformi uguali ma di segno opposto (dipolo elettrico) il numero di linee di campo che escono dalla carica positiva è uguale al numero di linee che entrano nella carica negativa , in punti molto prossimi alle cariche sorgenti del campo le linee sono quasi radiali mentre nello spazio compreso fra le cariche l’alta densità di linee indica una regione in cui il campo elettrico è intenso.

scienzapertutti_linee_campo_dipolo_elettricoLinee di campo dipolo elettrico

Sperimentalmente, le linee di forza del campo elettrico possono essere messe in evidenza immergendo le sorgenti del campo in un bagno d’olio che contiene in sospensione pezzetti filiformi di isolante che, in presenza del campo, si allineano secondo la sua direzione formando delle catene. Si tenga presente che le linee di campo non sono oggetti materiali; problemi nell’usare la rappresentazione del campo attraverso di esse possono essere: il fatto che si rappresenta sempre un numero finito di linee relative ad una carica, che fanno apparire il campo come se esistesse soltanto in certe zone dello spazio, mentre esso è continuo ed esistente in ogni punto; il pericolo di immaginare sempre una rappresentazione bidimensionale del campo.

Analogamente a quanto accade per il campo elettrico, le linee di campo magnetico costituiscono una rappresentazione “pittorica” di B, legata al suo modulo e alla sua direzione orientata in un punto (direzione e verso in cui punta il polo nord dell’ago di una bussola in quel punto). In comune con le linee di campo elettrico hanno le proprietà a), b) e c), ma a differenza di queste sono sempre chiuse, ossia non hanno inizio ne’ fine (inoltre, a rigore, non possono essere definite “linee di forza” come nel caso di E, poiché la forza magnetica non ha la stessa direzione di B!). Si consideri, per esempio, il campo magnetico generato da un magnete avente forma di una barretta. Si possono individuare due poli, il polo Nord dal quale escono le linee di forza del campo magnetico ed il polo Sud nel quale entrano le linee di forza del campo magnetico.

scienzapertutti_linee_campo_magneticoLinee campo magnetico generato da spira percorsa da corrente

I due poli non possono essere divisi in alcun modo, ossia tagliando il magnete si ottiene una nuova coppia di poli Nord e Sud e un diverso andamento delle linee dei due campi ottenuti. Ciò equivale a dire che, nonostante tutti gli sforzi sinora fatti per rivelarlo, il monopolo magnetico, ossia la singola “carica magnetica”, non è mai stata osservata in natura. Anche le linee di campo magnetico possono essere “rese visibili” utilizzando un magnete permanente o un conduttore filiforme (per esempio una spira circolare) percorso da corrente continua come sorgenti e granuli di limatura di ferro. In presenza del campo i granuli si magnetizzano, divenendo simili a tanti aghetti magnetici e formando catene che seguono la direzione del campo.

Margherita Primavera – Fisico

Nota redazionale SxT

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