il microscopio della befana

Chiacchiere di fisica di Stefano Marcellini

Da bambino, la Befana della SIP (la futura Telecom) mi regalò un microscopio. Era in realtà una specie di proiettore, in cui infilavi il vetrino come se fosse una diapositiva e lui te lo proiettava ingrandito sul muro bianco. Si chiamava "Elettromicroscopio Max", un nome che già da solo incuteva rispetto. E poi specificava: "20000 ingrandimenti". Una macchina fantascientifica, quindi, per un bambino di 8 o 9 anni. Sulle istruzioni c'era la spiegazione su come vedere le cellule. Diceva di prendere una cipolla, togliere quella pellicina trasparente che sta fra un guscio e l'altro, adagiarla fra due vetrini, e le cellule sarebbero apparse miracolosamente sul muro della cucina.

Ed era vero! Si vedevano infatti tanti mattoncini allungati, uno attaccato all'altro, a costituire la pellicina della cipolla. E dentro ciascuno di quei mattoncini si vedeva anche un puntino più scuro: il nucleo. Tutto proprio come nei disegni dei libri! Per me fu un successo, una scoperta da premio Nobel! Abbiate pazienza, ero figlio unico, e senza WhatsApp e i videogiochi (il tennis con le due sbarrette avrebbe iniziato a traviare la gioventù dopo qualche anno) in gennaio dovevo riempirmi i pomeriggi in qualche modo. 

E quindi, gasato dalla mia conquista scientifica, mi dissi che se avessi messo il proiettore molto più distante avrei potuto vedere oggetti molto più piccoli! Furbo no? La mia ambizione, lo confesso, erano gli atomi. Vedere gli atomi con il microscopio della Befana!

Avevo una casa con un lungo corridoio che sfociava nella sala, per cui misi il proiettore a un estremo del corridoio, tolsi tutti gli ostacoli di mezzo, imposi il buio totale nella casa, e con mia madre che mi guardava preoccupata accesi l’elettromicroscopio Max. A 10-12 metri di distanza comparve solo una specie di ectoplasma indefinito. Nessuna traccia delle mie amate cellule appena scoperte e men che meno degli atomi. La conoscenza scientifica, d'altra parte, si sa che procede anche attraverso grandi fallimenti! Quello che non sapevo, nella mia idea di poter vedere gli atomi, erano tre cose in ordine di importanza crescente.

Primo: il mio elettromicroscopio non era proprio il top della tecnologia nel campo, diciamo.  D'altra parte il budget della Befana, si sa, è stato sempre un po' limitato, dopo che il marito lo spende tutto per i bimbi buoni.  L'ottica non era esattamente una Zeiss, e a 10 metri di distanza, con la quantità di luce che sullo schermo diminuisce con l'inverso della distanza al quadrato, quello che veniva fuori era un esperimento di pareidolia, come quando uno proietta un'immagine informe e se è particolarmente invasato ci vede il nonno che lo saluta dall'aldilà.

Secondo: gli atomi sono MOLTO più piccoli delle cellule. Se una cellula è grande - diciamo - 10 micron, un atomo è 100000 volte più piccolo. Dieci miliardesimi di centimetro. Quindi per vedere un atomo con dimensioni pari a quelle con cui vedevo la cellula della cipolla sarei dovuto andare con lo schermo non a 10 metri di distanza, ma a cento chilometri. Altro che in fondo al corridoio!

Terzo: last but not least, anche se avessi avuto il miglior microscopio del mondo, con le lenti più perfette e una luminosità strepitosa per illuminare lo schermo a cento chilometri di distanza, anche se la Befana si fosse svenata, io gli atomi non li avrei potuti vedere comunque, perché con un microscopio che usa la luce visibile gli atomi non si possono vedere. E se il primo punto mi era apparso chiaro quando avevo visto quella macchia sbiadita sul muro della sala, e circa il secondo avevo più o meno intuito che dieci metri di corridoio, invece che un metro, potevano essere pochini per vedere gli atomi, il terzo proprio non lo sapevo.

E non è un problema tecnologico. È proprio un problema di leggi della natura: con un microscopio gli atomi non si potranno mai vedere, nemmeno con gli ingrandimenti a manetta. Il motivo è che in un microscopio ottico per vedere quello che c'è sul vetrino si usa la luce. La luce, che venga da una lampadina o dal sole, deve illuminare l'oggetto sul vetrino, e attraverso le lenti portare all'occhio le informazioni sulla forma, la struttura, il colore, i dettagli di quello che c'è sul vetrino. E per fare questo la luce deve interagire con quei dettagli. Deve lasciare il vetrino e dirigersi al nostro occhio "modificata" dall'interazione con quei dettagli. 

Solo che c'è un problema. La luce visibile, essendo un'onda elettromagnetica, come tutte le onde ha la proprietà di avere quella che si chiama "lunghezza d'onda", la distanza fra due creste dell'onda. Per la luce visibile, questa va da 400 ai 700 miliardesimi di metro. 

Perché questo è importante? Perché quando un'onda incide su un oggetto che è più piccolo della sua lunghezza d'onda, non riesce più a "vedere" quell'oggetto. Se illuminate un oggetto molto più grande della lunghezza d'onda della luce che utilizzate, non ci sono problemi: lo vedrete bello nitido in tutto il suo splendore. Ma se piano piano rendete l'oggetto sempre più piccolo, quando questo diventa di dimensioni confrontabili con la lunghezza d'onda della luce che state usando, i contorni dell'oggetto diventano sempre più sbavati e indefiniti. 
 
Avviene un fenomeno che si chiama diffrazione, che si traduce nel fatto che quell'oggetto, prima bello nitido, adesso lo si vede a malapena come una macchia confusa. E se l'oggetto diventa più piccolo della lunghezza d'onda della luce che lo illumina... scompare. La luce non lo vede più. Non è più in grado di interagirci, e di riportarci quelle informazioni che vorremmo sulla sua forma e colore. 

Quindi quando illuminiamo un oggetto su un vetrino, i dettagli più piccoli che possiamo sperare di vedere, anche con il miglior microscopio ottico del mondo, sono quelli più grandi della lunghezza d'onda della luce che utilizziamo. Se c'è qualcosa di più piccolo, qualche dettaglio, qualche struttura di dimensioni inferiori, questa resta invisibile.

E l'atomo? L'atomo è grande qualcosa come 0,1 nanometri, cioè migliaia di volte più piccolo della lunghezza d'onda della luce. Non c'è speranza! Nemmeno con l'elettromicroscopio Max della Befana della SIP. E allora come si fa? Come facciamo a sapere come è fatta la struttura della materia? Bisogna avere la luce giusta! Ma di questo magari ne parliamo un'altra volta. Stay tuned!