L’esplorazione Del Nucleo Atomico a cura di Giovanni Batignani Come i nostri web-nauti probabilmente già sanno i nucleoni, costituenti dei nuclei atomici, sono il protone (simbolo p, massa 1.6726x10-27 kg, carica elettrica +1.6026x10-19 Coulomb - opposta a quella dell'elettrone ) ed il neutrone (simbolo n, massa 1.6750x10-27 kg, carica elettrica nulla. Fino al 1914 le informazioni sperimentali sulla struttura degli atomi, dovute soprattutto ad Ernest Rutherford (1871-1937) ed ai suoi collaboratori, erano arrivate fino al punto di poter affermare che tutti gli atomi sottoposti ad investigazione erano costituiti da un piccolo nucleo, nel quale era concentrata tutta la massa dell’atomo, carico positivamente e molto piccolo (raggio circa 10-15m): attorno al nucleo, ad una distanza dell'ordine di circa 10-10m, erano 'posizionati' o 'orbitanti' gli elettroni. Clicca sull'immagine per ingrandirla Le specie atomiche sottoposte ad investigazione erano state, negli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale, soprattutto lamine di metalli (Oro, ...). Durante la guerra Rutherford, (nato in Nuova Zelanda, ma britannico a tutti gli effetti - si era trasferito in Inghilterra da tempo e, comunque, la Nuova Zelanda è diventata indipendente nel 1931) aveva dedicato tutto il suo tempo nelle ricerche belliche per l'individuazione dei sottomarini tedeschi. Nel 1918 poté riprendere il suo lavoro per continuare lo studio sistematico della misura dei raggi nucleari di varie specie atomiche. Un tipico esperimento, figura 1, consisteva nell'utilizzare delle particelle alfa (nuclei di Elio , che oggi sappiamo essere composto da due protoni e da due neutroni) prodotte da una sorgente radioattiva naturale che venivano fatte incidere sul materiale da esaminare: in questo caso si trattava di azoto (che oggi sappiamo essere composto da 7 protoni e 7 neutroni). Le particelle alfa, cariche positivamente, subiscono una repulsione elettrostatica da parte del nucleo (anch'esso carico positivamente): la misura dell'angolo di deflessione (q in figura) viene effettuata per molte collisioni di particelle alfa in successione, e la serie delle osservazioni permette di ottenere le informazioni sui nuclei del materiale indagato. Ma, proprio nell'osservazione dell'azoto, è arrivata la sorpresa: il segnale di scintillazione osservato non era tipico del segnale delle particelle alfa, e nemmeno del segnale che si ottiene da un nucleo di azoto (figura 2). Clicca sull'immagine per ingrandirla Era piuttosto il segnale che si otterrebbe facendo urtare una particella alfa su idrogeno ed osservando il nucleo di idrogeno rinculare fino al rivelatore! Rutherrford concluse, e tutti gli esperimenti successivi lo hanno confermato, che nel nucleo di azoto erano presenti nuclei di idrogeno e che era stata prodotta la reazione: He + N → H + O (figura 3). In altri termini sono emerse due scoperte fondamentali: la prima che uno dei costituenti dei nuclei atomici è il nucleo di idrogeno (da allora chiamato "protone"), la seconda che ai fisici era riuscito quello che gli alchimisti avevano tentato per secoli, cioè la trasformazione di una specie chimica in un'altra. Le misure avevano poi mostrato che la massa di ogni nucleo era, con buona approssimazione, un multiplo intero della massa del protone. A titolo di esempio, il nucleo di Elio ha una massa pari a 4 volte la massa del protone. Clicca sull'immagine per ingrandirla Poiché la massa dell'elettrone è trascurabile (circa 1/2000) rispetto alla massa del protone, Rutherford nel 1920 avanzò l'ipotesi - che poi si rivelò non vera - che ogni nucleo atomico potesse essere composto da A ( numero atomico ) protoni e da (A-Z) elettroni. In questo schema, il nucleo di Elio sarebbe composto da 4 protoni e 2 elettroni (oggi, ripeto, sappiamo che è composto da due protoni e due neutroni). Ma accanto a questa ipotesi, Rutherford ipotizzò anche che, all'interno del nucleo, un protone ed un elettronepotessero essere legati intimamamente, formando un oggetto neutro: il "neutrone":si aprì pertanto la caccia a questo nuovo costituente della materia. La scoperta del neutrone non si sarebbe tuttavia potuta realizzare se Bothe e Becker nel 1930 non avessero notato che particelle alfa emesse dal Polonio , incidendo su Berillio , non producevano una radiazione capace di superare 200 mm di Piombo (figura 4). La radiazione doveva essere neutra, perché nessuna particella carica, che avesse avuto a disposizione tutta l'energia prodotta nella reazione, avrebbe potuto superare più di 1 mm di piombo. Sul momento venne ipotizzato che tale radiazione fosse un fotone (la cui massa è nulla e che è normalmente identificato dal simbolo γ), che a quel tempo era l'unica particella neutra conosciuta. Inoltre poco dopo Irene Joliot-Curie (figlia di Marie Curie ) osservò che, inserendo un blocco di paraffina sulla traiettoria della radiazione neutra, si producevano dei protoni (figura 5). Infine un collaboratore di Rutherford, James Chadwick , ricordando l'ipotesi del maestro sull'esistenza di un "neutrone", effettuò un esperimento fondamentale per verificare se la misteriosa radiazione potesse non essere un fotone, bensì un "neutrone" con una massa circa uguale a quella del protone. Clicca sull'immagine per ingrandirla L'esperimento, in uno schema di principio (figura 6), differisce dai precedenti per il rivelatore proporzionale che è in grado, registrando la corrente prodotta dai protoni, di fornire una misura della loro velocità. Clicca sull'immagine per ingrandirla Era infatti noto che l'energia cinetica di ogni singolo quanto (identificato con ? in figura 5 e con n in figura 6) della radiazione incidente era circa 14 MeV (14 milioni di elettron-Volt ). Un semplice calcolo permette di concludere, nel caso in cui i protoni siano emessi nella stessa direzione della radiazione incidente (come è mostrato nelle figure 5 e 6), che: 1) se la misteriosa radiazione avesse massa nulla (ipotesi di fotone) => la velocità dei protoni emessi sarebbe pari a circa il 3% della velocità della luce; 2) se la misteriosa radiazione avesse massa circa uguale al protone (ipotesi di neutrone) => la velocità dei protoni emessi sarebbe pari a circa il 17% della velocità della luce. Il risultato 2) si può ottenere in modo abbastanza intuitivo. Infatti se si fa urtare un oggetto (per esempio una moneta) su un'altro oggetto identico, ma fermo, e se la velocità è esattamente allineata con la congiungente dei centri dei due oggetti (urto "centrale"), si può osservare che il primo si ferma, mentre il secondo si mette in moto con la stessa velocità che aveva l'oggetto incidente (figura 7, in alto). Clicca sull'immagine per ingrandirla Clicca sull'immagine per ingrandirla Nell'esperimento di Chadwick l'energia cinetica della particella incidente (E = 14MeV ) viene tutta trasferita al protone, e poiché E = MV2/2 , si può quindi ricavare che la velocità dei protoni debba essere 0.17c. La previsione 1) si può invece ottenere tramite l'uso delle leggi di conservazione dell'energia e della quantità di moto: è un calcolo un po' più complesso e riportato all'interno della figura 8. In ogni caso, il risultato dell'esperimento di Chadwick fu univoco: la misteriosa radiazione faceva espellere dalla paraffina protoni di velocità pari a circa il 17% della velocità della luce e quindi era dimostrata l'esistenza di una particella neutra presente all'interno dei nuclei, di massa circa uguale a quella del protone... e con questo l'esistenza del neutrone fu accertata! Per concludere l'argomento "nucleoni" è opportuno ricordare che sono stati scoperti anche "anti-nucleoni" (costituenti dell'anti-materia): l'antiprotone e l'antineutrone. Gli antinucleoni hanno la stessa massa e le stesse proprietà dei nucleoni ordinari, ma sono caratterizzati, principalmente, da carica elettrica opposta. La scoperta è avvenuta nel 1955 da parte di un piccolo gruppo di fisici guidati da Emilio Gino Segrè e da Owen Chamberlain , vincitori del premio Nobel per la fisica nel 1959. Non entro nelle tematiche sperimentali di questo argomento, che è un tema estremamente affascinante, sia per le profonde implicazioni teoriche, sia per l'ingegnosità delle tecniche sperimentali utilizzate. Desidero solo citare il fatto che, fra gli scopritori dell'antiprotone, c'era -allora giovanissimo- un fisico che ho poi avuto il piacere di conoscere personalmente: si tratta di Tom Ypsilantis , che è scomparso pochi anni fa, e che è stato un maestro nello sviluppo di tecniche sperimentali che ancora oggi sono fondamentali in fisica delle particelle.