L’effetto Zenone in meccanica quantistica è riferito al “paradosso della freccia” i paradossi, enunciato dal filosofo greco Zenone di Elea (lo stesso che enunciò il famoso paradosso di Achille e la tartaruga , che tende a negare l’idea di evoluzione nel tempo. Zenone lo enunciava in questi termini: se osservo una freccia in volo ad un certo istante, questa occupa una determinata posizione ed è indistinguibile da una freccia ferma nella stessa posizione in quell’istante, quindi la freccia non si muove (riportato da Aristotele in Fisica VI). In Meccanica Quantistica il paradosso diviene realtà, in linea di principio. Consideriamo il caso di un sistema instabile, come un nucleo od una particella, che decadono spontaneamente con una vita media τ [37]. In meccanica classica si assume che un sistema elementare, che decade spontaneamente, non ha memoria. Ne consegue che la probabilità che non sia decaduto al tempo t+dt, è pari alla probabilità che non sia decaduto sino al tempo t, p(t), moltiplicato per la probabilità che non decada nell’intervallo [t , t+dt], dt/τ, essendo τ una costante, che appunto non dipende dal tempo: dp=p dt/τ. Integrando questa equazione e assumendo p(0)=1 si ha p(t)=e-t/τ . In particolare, per tempi brevi, si ha che un andamento esponenziale [37] che produce una probabilità di sopravvivenza che decresce linearmente con il tempo. Viceversa in meccanica quantistica la misura, al fine di vedere se un sistema elementare è decaduto o no, produce il collasso della sua funzione d’onda . Questa sarà una sovrapposizione di stati di diversa energia E attorno all’energia media E0. Affinché il valor medio e la varianza di E siano finite si dimostra che deve essere nulla la derivata al tempo 0 e quindi, per tempi brevi, la probabilità di sopravvivenza decresce in maniera proporzionale al quadrato tempo, diversamente dal caso classico nel quale decrescere linearmente con il tempo. Ne consegue che un sistema, che decadrebbe spontaneamente, in effetti non decade mai se sottoposto ad una serie infinita di osservazioni infinitamente ravvicinate: questo è l’effetto Zenone quantistico. In realtà questo effetto di inibizione è praticamente impossibile da osservare in un decadimento spontaneo, una volta che si tiene conto del principio di indeterminazione per cui misure prese ad intervalli di tempo infinitamente piccoli, introducono variazioni infinitamente grandi e incontrollabili nella energia del sistema instabile osservato. Di fatto l’andamento esponenziale, lo stesso previsto dalla meccanica classica si accorda molto bene con tutte le osservazioni sperimentali. Diversa è la situazione nel caso di transizioni forzate, che invece sono effettivamente inibite se il sistema è sottoposto ad osservazione continua. In breve, consideriamo un sistema di particelle con due livelli, 0 ed 1. Assumiamo che il sistema sia forzato al livello 1 applicando una perturbazione risonante per un tempo sufficientemente lungo, per cui dopo questo tempo non si osservano particelle rimaste al livello 0. Se però queste osservazioni sono effettuate molte volte durante questo tempo, si può dimostrare che le particelle restano tutte al livello 0: l’osservazione inibisce effettivamente la transizione forzata e non si ha evoluzione nel tempo, come prediceva Zenone . E’ difficile resistere alla tentazione di estendere l’effetto Zenone all’intero Universo, che esiste quindi solo perché osservato e che si evolve solo perché non è osservato ad ogni istante.
Rinaldo Baldini- Fisico
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