Buongiorno, sarei molto interessata a capire il fenomeno dei fulmini vulcanici... potreste spiegarmelo? Laura Cerruti

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 [...] Dall'altra parte una nube nera e terrificante, lacerata da lampeggianti soffi di fuoco che si esplicavano in linee sinuose e spezzate, si squarciava emettendo delle fiamme dalla forma allungata: avevano l'aspetto dei fulmini ma ne erano più grandi [...] Plinio il Giovane, EPISTULAE, VI

La prima testimonianza di fulmini icona_esperto[38] legati ad un’eruzione vulcanica può essere trovata nelle Epistulae di Plinio il Giovane, in cui veniva descritta l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei nel 79 d. C. Di recente, le spettacolari tempeste di fulmini osservate durante le eruzioni del Eyjafjallajökull in Islanda, del Sakurajima in Giappone e, lo scorso aprile, del Cabuco in Cile, hanno richiamato l’attenzione sul fenomeno, che rimane ancora poco conosciuto.

I fulmini sono solitamente generati da nubi convettive precipitanti che contengono acqua sopraffusa e ghiaccio. Attraverso alcuni meccanismi complessi e ancora in fase di studio, avviene una separazione di cariche che porta alla formazione di regioni con segno opposto. Quando la differenza di potenziale tra due masse è sufficientemente elevata, riesce a superare la resistenza dell’aria per cui può avvenire la scarica elettrica.

I fulmini vulcanici si comportano allo stesso modo; secondo Martin Uman [1], professore presso l’Università della Florida ed uno dei massimi esperti in fulmini, affinchè si verifichi un fulmine vulcanico sono necessarie due condizioni: 1) materiale particolato di almeno due tipi diversi o con diverse proprietà (dimensione o temperatura) deve interagire in modo da generare cariche locali di segno opposto localizzate nelle diverse classi di particelle; 2) le diverse classi di particelle di segno opposto devono essere separate da una distanza dell’ordine della lunghezza del fulmine risultante.

Il primo punto è noto: la carica è generata durante l’espansione e la frattura del magma in particelle di cenere (processo di fratto-emissione).

Meno noto è invece il processo che porta alla separazione delle regioni di carica: una delle ipotesi si basa sulle diverse caratteristiche aerodinamiche del particolato. Ad esempio, se le cariche positive tendono ad essere concentrate nelle particelle più grandi, queste possono ricadere verso terra mentre le più piccole, caricate negativamente, vengono sollevate verso la parte superiore della nube.

Di recente McNutt dell’Università dell’Alaska e Williams del MIT [3] hanno sostenuto l’importanza della presenza nel magma di acqua che viene sollevata a chilometri di altezza generando gocce liquide e particelle di ghiaccio, e portando la nube a comportarsi come una normale nube temporalesca.

Le ceneri prodotte da un’eruzione possono causare molti problemi ai trasporti aerei: lo studio dei fulmini vulcanici attraverso le emissioni radio prodotte è un valido aiuto per rilevare la formazione di nubi piroclastiche specialmente di notte o durante il maltempo, quando nè i satelliti nè gli strumenti a terra sono in grado di determinare le dimensioni del fenomeno[2].

[1] M. Uman, The lightning discharge, Dover Publications, pp. 254-256, 2001

[2] S.R McNutt, C.M Davis, Lightning associated with the 1992 eruptions of Crater Peak, Mount Spurr Volcano, Alaska, Journal of Volcanology and Geothermal Research, Volume 102, Issues 1–2, October 2000, Pages 45–65

[3] Williams, E.R. and S.R. McNutt, Total water contents in volcanic eruption clouds and implications for electrification and lightning. Research Signpost, Recent Progress in Lightning Physics, 2005: ISBN: 81-308-0016-0, Ed.: C. Pontikis, 13p., 2005

 

Martina Buiat, meteorologa

 

ultimo aggiornamento agosto 2015