di Luca Casonato, vai al sito www.lucacasonato.com
Il secolo breve ha già vigorosamente dilatato il concetto di opera d’arte. La performance, l’happening, il ready-made sono ormai esperienze acquisite, con decenni di “anzianità”. Sono convinto che nel futuro prossimo il recinto che comprende ciò che può essere definito “opera d’arte” sia destinato a diventare ulteriormente inclusivo, fino ad accogliere anche alcuni manufatti prodotti dalla più estrema abilità tecnico-scientifica umana, benché privi di originarie ambizioni estetiche o di concessioni al design.
In questo orizzonte, è nato Colliders, il mio progetto di documentazione fotografica degli acceleratori di particelle. Macchinari costruiti con precisione al milionesimo di millimetro, tunnel di decine di chilometri, neutrini sparati da Ginevra al di sotto delle Alpi e rilevati in Italia, strutture infinitamente grandi costruite per studiare l’infinitamente piccolo. Per fotografare gli acceleratori di particelle ho scelto di adottare perlopiù prospettive “primitive”, che ripercorrono suggestioni rinascimentali. Ma nelle mie immagini questo punto di vista centrale, che sembra voler mostrare tutto all’osservatore, si sposa al tentativo di riprodurre quel senso prerinascimentale di grandiosità dello spazio trasmesso dalle cattedrali gotiche. La pressoché totale assenza di figure umane nelle immagini di Colliders isola gli acceleratori nella loro autonoma compiutezza, accrescendo lo status di potenziali opere d’arte, tendenti all’astrazione.
Astrazione che si acuisce se i macchinari che appaiono nelle fotografie sono assemblaggi di poche parti molto colorate, ciascuna delle quali è capace di attirare autonomamente l’occhio e di trattenerlo su di sé. Quando la porzione di acceleratore selezionata per lo scatto è formata da un grande numero di pezzi piccoli e piccolissimi si produce invece un effetto visivo prossimo all’ipnosi. Colliders è un’elegia fotografica sulla raffinatezza delle macchine e della tecnologia, condotta sul filo di colori brillanti che occhieggiano spesso a una riproduzione della piatta irrealtà propria dei cartoons.