Tullio Regge nasce l’11 luglio del 1931
Biografia della rubrica “Vita da genio” a cura di Chiara Oppedisano
L’11 luglio del 1931 a Borgo d’Ale, paesino nelle campagne vercellesi, nasceva Tullio Regge. Il padre, di origini contadine, alle soglie della Prima guerra mondiale lavorò duramente per mettere da parte sessanta lire allo scopo di conseguire il diploma da geometra. Tornò appositamente in licenza dal fronte per sostenere l’esame finale e divenne così l’unico geometra della zona. Questo migliorò notevolmente le sue condizioni economiche e gli permise di coltivare il suo interesse per le scienze.
Si trasferì a Torino dove al mercato del Balon (il mercatino dell’usato che a Torino si dice “balun”) acquistava saggi scientifici e dispense universitarie. Il piccolo Tullio si ritrovò quindi tutti quegli scritti per casa, cosí che a 8 anni fu attratto dalle curve algebriche e a 15 imparò da autodidatta il calcolo differenziale. Il padre fu sicuramente fonte di ispirazione e lo incoraggiò nel suo crescente interesse per le materie scientifiche. Al termine della terza elementare, il padre lo iscrisse alla scuola media, da poco istituita. Al liceo Regge studiò appassionatamente matematica e chimica mentre, per sua stessa ammissione, faceva il minimo indispensabile nelle materie letterarie (collezionando anche qualche “rimandato ad ottobre” in italiano). Nel celebre Dialogo con Primo Levi Regge disse: «il latino mi ha creato reazioni allergiche ormai irreversibili» [1].
Finito il liceo si iscrisse al Politecnico di Torino, come desiderava il padre che sognava un figlio ingegnere. Dopo il biennio però decise di passare a fisica. Avrebbe in seguito raccontato: «Sono scappato dal Politecnico perché mi costringevano a disegnare, una attività che rispetto, ma che mi trova inadeguato». Avrebbe cambiato idea sul disegno, iniziando a disegnare con il computer e superando così l’auto-dichiarata scarsità di talento con il piacere di disegnare utilizzando formule matematiche. Progettò anche una poltrona, primo arredo di design progettato al calcolatore secondo una funzione matematica.
Negli anni in cui Regge era studente, all’istituto di Fisica insegnava il professor Gleb Wataghin, di origini russe e laureato a Torino in matematica e fisica. Wataghin aveva contribuito allo sviluppo della meccanica quantistica e della teoria dei campi e conosceva bene molti dei personaggi di spicco di quel periodo. Fu così che Regge, a Torino, assistette a seminari di Dirac, Pauli, Heisenberg e De Broglie. Suo tutore di tesi fu il professor Mario Verde che lo iniziò alla fisica teorica.
Dopo la laurea si recò all’Università di Rochester negli Stati Uniti, dove conseguì il Dottorato di Ricerca e dove incontrò la sua futura moglie, Rosanna Cester.
Nel 1957 scrisse con John Wheeler un lavoro sulle oscillazioni dei campi gravitazionali intorno a un buco nero, che è considerato il punto di partenza delle teorie sulle perturbazioni dei buchi neri e, una volta pubblicato, ebbe una notevole risonanza.
Nello stesso anno passò un semestre a Monaco, dove lavorava Heisenberg. Qui iniziò a sviluppare i concetti e i calcoli che lo avrebbero portato, negli a venire, al “Calcolo di Regge”, una teoria che avrebbe visto la luce nel 1960, dove si dava una formulazione della Relatività Generale approssimando una superficie a due dimensioni con un insieme di spicchi di triangoli piatti. Come in molti dei lavori di Regge, la fisica e la matematica si compenetrano in una costruzione originale e innovativa. E, come in molti altri suoi lavori, una volta che l’elegante e innovativa idea era stata formalizzata in una teoria e pubblicata, Regge passava allo studio di un nuovo problema. Si interessava infatti di tutti gli argomenti che incuriosivano e solleticavano la sua mente, mosso da pura passione e da un’infinita curiosità.
Nel 1962 divenne professore di Relatività all’Università di Torino e dal 1964 divenne componente dell’Institute of Advanced Study di Princeton, negli USA, diretto da Robert Oppenheimer. Regge non rimase deluso dall’incontro con “Oppy”, mente fervida e brillante, con una cultura vastissima e una conversazione affascinante. Regge lo avrebbe descritto come un uomo triste, pieno di rimorsi, ma diceva che parlare con lui era come parlare con la “Storia”. Citava una frase di Oppenheimer che lo aveva colpito e nella quale, probabilmente, si riconosceva: «Quale miglior maestro sarei, se fossi stato allievo dei miei migliori allievi».
Nel 1965 scrisse un libro con De Alfaro (che sarebbe divenuto anche lui professore a Torino di lì a qualche anno) sulla teoria dell’urto quantistico, “Potential Scattering”. Il libro riscosse un enorme successo e fu tradotto in molte lingue, tra cui russo e giapponese.
Si occupò di molti argomenti, spaziando (solo citandone qualcuno!) dalla gravità quantistica al momento angolare in campo complesso, dal fullerene alla superfluidità dell’elio liquido. Talvolta ci volle del tempo prima che i colleghi comprendessero a fondo le implicazioni dei lavori di Tullio Regge. Il suo nome fu (ed è) ampiamente utilizzato in associazione alle teorie che elaborò: “poli, famiglie e traiettorie di Regge” sono concetti tuttora utilizzati e gli sviluppi delle sue teorie vengono ancora oggi usati in parecchi ambiti, sia sperimentali che teorici. Il “Calcolo di Regge” diede origine a un’intera branca della Relatività Generale e tuttora è usato come una delle possibili vie per la quantizzazione della gravità.
Nel 1989, quando ormai era in sedia a rotelle per la distrofia muscolare diagnosticatagli in giovane età, fu eletto membro del parlamento europeo nelle file del partito comunista. Nel 1955 passò al Politecnico di Torino.
Vinse numerosi e prestigiosi premi, tra i quali ricordiamo il più importante: la medaglia Einstein, conferitagli nel 1979.
Si occupò di divulgazione con la stessa passione e creatività che dedicava alla ricerca. Tra le altre cose curò un programma televisivo presso gli studi Rai di Torino, collaborando con Bruno Gambarotta. Quest’ultimo narrò due episodi scherzosi avvenuti durante le riprese. Il primo legato alla sua passione per la musica: discutendo sulle musiche per la sigla, Regge disse a Gambarotta: «Lei ama quella musica moderna che ricorda la sirena di un antifurto» e propose invece un pezzo suonato da un pianista, allora sconosciuto, di nome Ludovico Einaudi. Prima di farlo ascoltare in studio, Gambarotta ne fece una copia mixata con la sirena di un antifurto. Regge l'ascoltò, poi ridendo disse: «Bella. Adesso mi faccia ascoltare quella vera». Il secondo episodio riguardava il telescopio che Regge aveva ricevuto in dono dal padre all’età di 10 anni, al quale Regge era molto affezionato e che aveva portato in studio facendo mille raccomandazioni perché fosse utilizzato con estrema cautela e riguardo. Gambarotta, che conosceva la predisposizione di Regge a fare scherzo, decise di fargliene uno lui: fece costruire una copia molto accurata del telescopio e la fece sostituire all’originale, durante l’ultima puntata del programma, lo urtò volontariamente. Gambarotta scrisse che non avrebbe mai potuto dimenticare l’espressione sulla faccia del professor Regge prima che gli dicessero che non era il suo telescopio a essere andato in pezzi.
L’11 luglio 2021 avrebbe compiuto 90 anni un appassionato studioso il cui hobby principale era cercare di carpire i segreti dell’Universo, utilizzando, con eleganza, formalismi matematici complessi. Uno scienziato che fu sempre guidato dalla curiosità e dalla passione: non inseguiva fama o tributi, ma un instancabile e genuino interesse nei confronti di problemi che gli “solleticassero” l’intelletto. Un uomo che non amava perdere a scacchi e che conosceva otto lingue, che diceva di essere diventato fisico “per passione, per predisposizione, per caso.”
Tullio Regge ha indubitabilmente lasciato un segno profondo, non solo nel campo della fisica, ed è ricordato con affetto e ammirazione dai colleghi con i quali ha lavorato, a Torino e oltre oceano… e da schiere di ex-studenti di fisica che raccontano aneddoti sugli esami sostenuti con il professor Regge. Raccontano che alla fine dell’esame il professore estraesse da un cassetto un foglietto con un’equazione complicata e chiedesse allo studente se sapesse risolverla. Il più delle volte lo studente doveva arrendersi dopo qualche vano tentativo. Allora Regge diceva: «Non si preoccupi. Questa equazione anche per noi è un enigma. Ma ci provo con tutti».
Nella sua autobiografia troviamo parole che devono ispirarci sempre: «Senza passione non solo la ricerca ma qualsiasi attività creativa umana si riduce a banale contabilità, una triste fine».
[1] P. Levi, T. Regge, DIALOGO, Ed. Comunità, 1984.
Le fotografie presenti in questo articolo sono state gentilmente concesse dalla famiglia.