(1922-2010) José Saramago, scrittore portoghese, premio Nobel per la letteratura nel 1998 è nato ad Azinhaga, il 16 novembre 1922. Tutta la sua opera si radica e trova linfa nella cultura del suo paese. I miti consolidati - o che avrebbero potuto esserlo - la tradizione, la storia del Portogallo (La zattera di pietra di un suo romanzo), si combinano con un’immaginazione surreale creando la percezione che rende possibile l’impossibile, tramite la quale il reale acquista la sua determinazione ad alta definizione come accade nelle tele di Magritte. Così, prendendo lo spunto dai ricordi, dalle esperienze, dalle atmosfere vissute, irrimediabilmente intrecciate nella trama del racconto, le parole scritte, divengono fatti di una realtà nuova, che istintivamente il lettore percepisce possibile: un parallelo sviluppo temporale. La sua scrittura è libera di rigidità e schemi, con frasi lunghe, spesso interminabili, adagiate sui segni di una punteggiatura essenziale, sempre sperimentale tanto da apparire talvolta scorretta. Il ritmo è serrante: stream of consciousness come in Joyce , o catalogazione di parole che divengono eventi come in Kafka . Tra le sue opere più reputate (e controverse ) Il Vangelo secondo Gesù Cristo, Tutti i nomi, L’assedio di Lisbona, Cecità (uno dei suoi romanzi più duri e difficili sull’apocalisse della nostra epoca) e La Caverna (allegoria della caverna platonica). Negli scritti di Saramago gli animali, e per essi i cani, sono tra i personaggi più intuitivi, i loro pensieri si annodano con quegli degli umani nel tentativo – irrisolto - di comunicare una magica istintualità che sembra derimere i confini tra il sogno divenuto simbolo, e il sogno divenuto realtà. La morte è il tema della sua opera più recente (Le intermittenze della morte - 2005) nella quale mostra con ironia, dissertando su uno sciopero improbabile e sulla omnipresente maphia, di essere ancora, in questo inizio di nuovo secolo, uno degli esponenti più stimolanti dell’avanguardia letteraria.
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