Nicola Cabibbo nasce il 10 Aprile del 1935

 Biografia della rubrica “Vita da genio” a cura di Chiara Oppedisano

nicola cabibbo

Nicola Cabibbo ha lasciato un’impronta indelebile nella fisica, la sua scienza prediletta che era per lui un gioco. Era solito dire ai suoi allievi e collaboratori «Perché dovremmo studiare questo problema se non ci divertiamo a risolverlo?». Nicola Cabibbo nacque a Roma il 10 aprile del 1935 da genitori siciliani. Coltivò sin da piccolo una grande passione per le scienze e, nel 1952 si iscrisse all’Università, scegliendo quella che per lui era “la regina assoluta delle scienze”: la fisica.

Ebbe docenti del calibro di Edoardo Amaldi, Enrico Persico e Marcello Conversi. Si laureò nel 1958 con una tesi teorica sul decadimento dei muoni, il cui relatore fu Bruno Touschek, che di lì a qualche anno avrebbe costruito, ai laboratori INFN di Frascati, il primo acceleratore al mondo che faceva collidere materia e antimateria, AdA.

Dopo la laurea Cabibbo divenne ricercatore dell’INFN a Roma. Dal 1960 fu chiamato a Frascati, primo fisico teorico ai laboratori, grazie alla visione lungimirante di Giorgio Salvini, fermamente convinto che un laboratorio all’avanguardia non potesse fare a meno del contributo dei fisici teorici. A Frascati Nicola iniziò a lavorare con Raoul Gatto, giovane e brillante assistente appena rientrato dagli Stati Uniti.
Proprio in quel periodo Touschek, durante uno storico seminario, propose la realizzazione del suo anello di accumulazione per far collidere elettroni e positroni. Riguardo alla fisica che sarebbe stato possibile studiare con questo tipo di esperimenti, Touschek aveva annotato sui suoi appunti «chiedere a Cabibbo e Gatto». Sollecitati dalla discussione, i due fisici teorici calcolarono tutte le sezioni d’urto per le reazioni di annichilazione elettrone-positrone e nel 1961 le pubblicarono in un articolo. Quell’articolo divenne molto presto un punto di riferimento fondamentale non soltanto per i fisici di Frascati, ma anche per quelli che lavorarono in seguito agli esperimenti al LEP del CERN, tanto che dagli addetti ai lavori quell'articolo fu da subito chiamato "la Bibbia".

Tra il 1962 e il 1963 Cabibbo lavorò al CERN e a Berkeley. In quel periodo gli esperimenti effettuati ai laboratori di Stanford, California, avevano messo in evidenza la struttura non puntiforme del protone che doveva dunque essere composto da costituenti elementari, i partoni, come li battezzò Feynmann, o quark, come li nominò Gell-Mann.
Studiando il problema, allora non ancora compreso, del diverso decadimento debole di neutroni e di particelle strane, Nicola elaborò una teoria che introduceva un “mescolamento” (mixing) tra interazione debole e interazione forte. Parametro fondamentale della teoria è l’angolo di mescolamento, in fisica denominato "angolo di Cabibbo". Il valore assunto da quest’angolo stabilisce la probabilità che una particella strana si trasformi in una non strana interagendo debolmente con una terza particella.
L’articolo in cui Cabibbo spiegava il suo modello [1] non solo aprì la strada alla comprensione delle interazioni deboli, ma è anche l’articolo di fisica più citato di tutti i tempi.
Era il 1963, e di lì a poco Gell-Mann ipotizzò l’esistenza dei quark. Dieci anni dopoKobayashi e Maskawa, per spiegare la violazione della simmetria CP, generalizzarono la teoria di Cabibbo prevedendo così l’esistenza di 6 quark. L’estensione della teoria era parametrizzata attraverso una matrice di angoli di mescolamento, la matrice Cabibbo-Kobayashi-Maskawa o, più semplicemente, matrice CKM che descrive la probabilità che un quark si trasformi un quark di altro tipo (sapore) in processi deboli. Nel 2008 Kobayashi e Maskawa ricevettero il premio Nobel per la loro teoria. Cabibbo fu inspiegabilmente escluso e questa scelta fu ritenuta ingiusta dalla comunità scientifica internazionale (e da quella italiana in particolare). Nicola Cabibbo, però, con l’equilibrio  e la modestia che lo hanno sempre contraddistinto non volle mai commentare la cosa e non mostrò risentimento.

Cabibbo e Kobayashi

Nel 1964 tornò al CERN, nel 1965 vinse la cattedra in Fisica Teorica presso l'Università de L’Aquila, nel 1966 si trasferì a Roma La Sapienza, dove rimase fino al 1982 quando si spostò nella neonata Università di Roma Tor Vergata per poi tornare a Sapienza nel 1993 come docente di Fisica delle Particelle Elementari. Durante la sua carriera insegnò in molti prestigiosi atenei: Harvard, Princeton, Parigi, New York, Syracuse.

Dopo aver contribuito in maniera sostanziale alla comprensione delle interazioni deboli, negli anni ’80 si dedicò allo studio delle interazioni forti. La teoria che descrive tali interazioni, la Quanto Cromo Dinamica (QCD), non è risolvibile in maniera analitica, per cui i calcoli teorici necessari sono molto complessi. Infatti l’approccio che si utilizza è quello di calcolare su un reticolo di punti in 3 dimensioni, che descrive lo spazio-tempo, l’evoluzione delle funzioni e dei parametri della teoria nel tempo, per poi confrontare le predizioni con i risultati sperimentali. Per queste simulazioni era necessaria una potenza di calcolo senza precedenti, non ancora accessibile in quel periodo. Cabibbo progettò allora un supercomputer, ovvero un insieme di processori che lavoravano in parallelo in modo da migliorare esponenzialmente la potenza di calcolo e accorciare in maniera drastica i tempi necessari alle simulazioni. Il progetto, denominato APE dalla contrazione di Array Processor Experiment, portò nel 1987 alla realizzazione di un primo prototipo capace di compiere miliardi di calcoli al secondo. L’evoluzione del progetto, APE-next, portò nel 2004 a poter effettuare 7000 miliardi di operazioni al secondo!

Cabibbo fu presidente dell’INFN dal 1985 al 1993 e dell’ENEA dal 1993 al 1998. Dal 1993 fu anche presidente della Pontificia Accademia delle Scienze. Ricevette un gran numero di premi e onorificenze. È stato uno dei 4 scienziati italiani membri dell’Accademia delle Scienze statunitense, insieme a Rita Levi Montalcini, Carlo Rubbia e Giorgio Parisi. Nel suo libro Sta scherzando, Mr. Feynmann! Il geniale fisico statunitense cita due fisici italiani: Enrico Fermi e Nicola Cabibbo.

Era un avido lettore di letteratura americana e frequentava regolarmente la biblioteca dell’ambasciata americana a Roma per rimanere aggiornato sulle ultime uscite. Giorgio Parisi, suo allievo ed amico, lo descrive come dotato di un entusiasmo contagioso per la fisica, un appassionato risolutore di problemi.
Malato da tempo, morì il 16 agosto del 2010.
Disse una volta Cabibbo: «Per descrivere tutto quello che sappiamo sulle particelle elementari dell’Universo servono 20 parametri, 8 di questi descrivono il mescolamento e sono direttamente legati all’angolo che porta il mio nome». Le sue parole descrivono in pieno la portata del suo contributo alla fisica.

Videobiografia di Nicola Cabibbo

 

[1] https://journals.aps.org/prl/pdf/10.1103/PhysRevLett.10.531

Fonti delle immagini

Foto 1: Marcella Bona, CC BY-SA 2.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0>, via Wikimedia Commons, al link https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Nicola_Cabibbo.jpg 
Foto 2: Marcella Bona, archivio INFN