di G. Batignani

Per quanto riguarda la scoperta dei quark icona_glossario , la situazione è molto più complicata rispetto ai nucleoni, soprattutto perché i quark non possono esistere - fino a prova contraria - come "particelle libere", ma devono sempre essere "legate" ad altri quark. Le combinazioni possibili sono solo: quella in cui si hanno tre quark legati fra di loro (i barioni icona_glossario ) oppure quella in cui un quark è legato ad un antiquark (i mesoni icona_glossario ).

I quark, che fino ad ora sono stati individuati, sono sei: up (u), down (d), strange (s), charm (c), beauty (b) e top (t) . I quark u,c,t hanno carica elettrica pari a +2/3, mentre i restanti tre hanno carica -1/3. I primi due sono i costituenti della materia ordinaria. Come è noto, un protone è costituito, in prima approssimazione, dalla combinazione u-u-d, mentre il neutrone è u-d-d. I restanti quattro quark sono più pesanti (la loro massa varia da circa ½ della massa del protone per il quark u fino a circa 180 volte la massa del protone per il quark top), sono fortemente instabili icona_glossario e possono essere prodotti solo in laboratorio o in particolari situazioni da raggi cosmici. Nel 1946, Patrick Blackett icona_biografia e Giuseppe Occhialini icona_biografia scoprirono  il mesone π (pione) carico, questa particella - ma lo sappiamo solo oggi - è composta da una coppia quark-antiquark ( u anti-d  oppure anti-u d).

La scoperta di Blackett ed Occhialini fece capire ai fisici che esistevano altre particelle (adroni), diverse dai protoni e dai neutroni, che avevano interazioni forti. Sul momento l'ipotesi ritenuta più probabile era che i mesoni π fossero delle particelle puntiformi che mediavano icona_glossario l'interazione forte fra nucleoni. L'apparato sperimentale consisteva in lastre di emulsioni fotografiche icona_glossario che venivano esposte, per un certo tempo, sulle Ande (a circa 5500m di quota). Una particella carica, che attraversa le lastre, impressiona i sali di Ag lungo la sua traiettoria, permettendo quindi di ricostruire il percorso fatto e di risalire alla sua massa.

In ogni caso, nel 1947, si poteva ancora pensare che i nucleoni (protoni e neutroni) ed anche i nuclei stessi potessero essere oggetti puntiformi.

Per verificare questa ipotesi, vennero costruite nei laboratori di SLAC (presso l'Università di Stanford in California) degli acceleratori di elettroni sempre più potenti  con cui bombardare i nuclei atomici.

Il metodo sperimentale, realizzato nel 1953 da un gruppo diretto da Robert Hofstader icona_biografia, è schematizzato nella figura 9 ed è concettualmente identico a quello con cui Rutherford aveva scoperto che l'atomo non era puntiforme.

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Elettroni da 400 MeV penetrano facilmente gli atomi (le energie di legame di un elettrone sono di pochi eV, quindi totalmente trascurabili rispetto all'energia degli elettroni incidenti) e si avvicinano al nucleo: l'attrazione coulombiana fra l'elettrone ed il nucleo stesso provoca un "urto elastico icona_glossario " e la deflessione dell'elettrone di un angolo q.

 

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Nel caso di nuclei puntiformi (figura 10 in alto) si osserverebbe una certa distribuzione dell'angolo q, che è totalmente prevedibile partendo dalla legge di Coulomb.

Se il nucleo non è puntiforme, e se gli elettroni hanno abbastanza energia da penetrare il nucleo, si osserva una distribuzione diversa, come è schematizzata nella figura 10 in basso.

Nell'esperimento di Hofstader (premio Nobel nel 1961) venivano inviati moltissimi elettroni, il cui angolo di deflessione veniva misurato non in maniera manuale, ma in modo puramente elettronico, utilizzando dei rivelatori segmentati a valle del bersaglio.

La risposta fu univoca: il nucleo non è puntiforme!