di Enrico Bernieri

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Prelievo di campioni da una “carota” di ghiaccio.

Ma come fanno gli scienziati a misurare la radioattività nel ghiaccio? Innanzitutto, perforano il ghiaccio e portano in superficie cilindri di ghiaccio lunghi da uno a due metri e larghi circa dieci centimetri. Ogni cilindro contiene già molte pagine dell’archivio (le pagine sono spesse, a seconda dei ghiacciai, da qualche metro a pochi centimetri). I cilindri vengono sezionati in opportuni campioni in maniera da poter essere analizzati nei vari laboratori, ognuno con la sua specializzazione.

Per misurare la radioattività è necessario posizionare il campione di ghiaccio vicino ad un rivelatore di particelle in grado di misurare le emissioni radioattive (alfa icona_glossario, beta icona_glossario o gamma icona_glossario) e le loro energie. Da queste informazioni possiamo risalire al tipo di isotopi radioattivi contenuti nel ghiaccio.

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Nel corso delle misure in alta quota a 6400 m in Himalaya

 

 

Misure fuori dai laboratori 

Tutte queste misure vengono in genere fatte in laboratorio. Ma ci sono alcune situazioni in cui questo non è possibile (per esempio se si stanno esplorando gli strati superficiali di ghiacciai di difficile accesso e da cui è difficoltoso riportare indietro chili e chili di campioni di ghiaccio) o altre situazioni in cui può essere comodo poter dare subito “un’occhiata” per poter decidere se vale la pena di approfondire organizzando una complessa – e costosa! – perforazione profonda. In questi casi è un grande vantaggio poter eseguire delle misure sul posto. Anche presso i Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN è stato costruito uno strumento che serve a fare proprio questo. Si tratta di un rivelatore di radiazione, chiamato scintillatore, particolarmente adatto per misurare i raggi gammaicona_glossario. Questo rivelatore è stato adattato per poter lavorare nelle condizioni difficili che si presentano su di un ghiacciaio o in alta quota.

La sua temperatura è mantenuta costante per mantenere inalterate le sue proprietà. Infatti a temperature molto basse (in una perforazione glaciale si può scendere fino a oltre 50 gradi sotto lo zero!) le prestazioni dello strumento sono fortemente alterate e, a causa delle dilatazioni termiche, lo scintillatore potrebbe anche rompersi. È alimentato da piccoli pannelli a celle fotovoltaiche perché può capitare che nel corso di una “spedizione” si resti per giorni e giorni lontani da ogni fonte di energia elettrica. Tutto il sistema deve essere facilmente portabile, infatti non sempre nei luoghi dove si fanno queste misure arriva una strada e, a volte, neppure un elicottero. Come è stato già detto prima, per misurare la radioattività è necessario posizionare il campione di ghiaccio vicino ad un rivelatore di particelle.

A passeggio sui ghiacciai con i rivelatori di particelle

“Armati” di strumenti come questo anche i fisici, assieme ai glaciologi, ai geologi e agli studiosi dell’ambiente, si aggirano sui ghiacciai per scoprire le deboli tracce della radioattività “ghiacciata”. Con lo strumento sviluppato a Frascati icona_linkesterno si sono fatte misure persino in Himalaya, a 6400 metri sul livello del mare, ai piedi di una delle montagne più alte della terra, il Cho-Oyu (8200 m), non lontano dall’Everest. Anche,qui si sono trovate tracce di Cesio 137. Queste misure serviranno a chiarire se e in che modo l’attività umana può agire sugli equilibri delle zone più remote del pianeta.