Sono molto incuriosita dal funzionamento di un oggetto - peraltro davvero utile - che in questi ultimi tempi sta avendo molto successo: lo scaldamani. Si tratta di un sacchetto (involucro di plastica) il quale contiene semplicemente una soluzione - che a temperatura ambiente risulta liquida e limpida - ed un dischetto di metallo leggermente concavo. Ebbene, esercitando una piccola pressione su questo dischetto, tanto da farlo scattare, il liquido comincia a solidificarsi (sembra una cristallizzazione) velocemente rilasciando una grande quantità di calore. Inizialmente il contenuto risulta malleabile poi, con la fine del calore (una ventina di minuti), si solidifica. Ma basta porlo in acqua bollente perchè torni liquido e nuovamente utilizzabile. Quello che volevo chiederle era, oltre al funzionamento che non riesco a ricondurre a nessuna legge, se la quantità di calore data con l'acqua calda (in relazione insomma alla temperatura dell'acqua e alla durata) influisce sull'effettivo calore rilasciato poi dallo scaldamani, se ci sono metodi per migliorare l'effetto e come mai c'è un numero di volte massimo di funzionamento (cento volte sul mio) pur rimanendo il contenuto del sacchetto inalterato. (Elisa) 

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Il funzionamento dello scaldamani - che interessa la nostra web-nauta - è un fenomeno ben noto in termodinamica icona_glossario , in chimica, ma anche in climatologia ed è relativo alle soluzioni supersature icona_glossario. Prendiamo in considerazione un caso molto semplice, cioè proviamo a congelare lentamente dell'acqua molto pura senza indurre vibrazioni. Quello che accade è che l'acqua, che dovrebbe congelare a zero gradi centigradi della scala Celsius icona_biografia scende a temperature minori restando liquida. Basta dare un piccolo scossone al contenitore che molto velocemente l'acqua si trasforma in ghiaccio. Lo scaldamani usa lo stesso principio ma con una soluzione molto più stabile dell'acqua e con caratteristiche fisiche diverse. In particolare il liquido consiste in una soluzione di acqua e un sale sodio-acetato. Come l'acqua può scendere sotto gli 0 oC, così tale soluzione scende tranquillamente sotto i 54 oC (la sua temperatura di solidificazione) pur rimanendo liquida.

Attivando il disco di metallo si ha un rapido movimento delle molecole icona_glossario , che innescano una reazione solidificando il fluido. La temperatura del fluido raggiungerà i 54 oC e rimarrà costante a fino a quando tutte le molecole si saranno “congelate”. Tale processo può durare da pochi minuti a diverse ore, dipende dal tipo di soluzione usata e dalla grandezza del contenitore. Come in tutti i casi di solidificazione, si ha cessione di calore all'ambiente . Per ritornare allo stato liquido, la soluzione dello scaldamani deve recuperare il calore ceduto solidificandosi, e quindi bisogna portarla ad una temperatura superiore ai 54 oC fino a quando tutte le molecole sono di nuovo nello stato liquido. È sufficiente che anche poche molecole rimangano nello stato solido per riportare l’intero scaldamani nello stato solido senza nessuna azione esterna. Non è importante che l'acqua dove lo scaldamani è immerso sia bollente, l'importante è che abbia una temperatura superiore ai 54 oC. Ovviamente quanto maggiore la temperatura dell'acqua, tanto minore il tempo necessario a liquefare la soluzione dello scaldamani.

Inoltre, così come non c'è un limite sul numero di volte che si può congelare e liquefare l'acqua, anche lo scaldamani non ha limiti, in principio. Il problema è che l'involucro di plastica, dopo alcune centinaia di volte, incomincia a deteriorarsi, può rompersi o comunque far traspirare l'acqua dall'interno della soluzione all'esterno alterando le caratteristiche fisico-chimiche della soluzione e rendendola inservibile. È importante chiarire che una soluzione di questo tipo non è tossica. Simpatico è anche notare che lo scaldamani può essere usato al contrario, cioè messo in frigo (non in freezer!) diventa un buon refrigerante per una borsa termica.

Pasquale Di Nezza – Fisico


ultimo aggiornamento maggio 2013