L'attrito viene classificato come l'effetto della interazione elettromagnetica. Non riesco a capire come esattamente funzioni. Come dall'azione della forza elettromagnetica, a livello microscopico si arrivi alla resistenza di scorrimento, al calore, alla emissione di luce. Ho letto di effetti attrattivi dovuti all'"adesione", altri più generici che si rifanno alla descrizione di micro urti. Il quadro tuttavia non è chiaro. Grazie, Marco
La branca della scienza che studia l’attrito è detta Tribologia e si colloca all'intersezione tra Fisica, Chimica e Scienza ed Ingegneria dei Materiali. Viste le importanti implicazioni tecnologiche dell’attrito, la Tribologia ha visto un crescente interesse a partire dagli ’60 del secolo scorso. Capire a fondo i meccanismi che governano questo fenomeno può tradursi in un notevole risparmio economico nei processi industriali. Giusto per dare un’idea, secondo una stima del 2008, le perdite derivanti da problemi legati all’attrito si aggiravano attorno ai 180 miliardi di dollari nei soli USA (circa il 1.5% del PIL)*.
A livello macroscopico, l’attrito tra solidi è descritto da tre leggi fenomenologiche, ricavate empiricamente:
− l’attrito è indipendente dall’area della superfice di contatto;
− è proporzionale al carico perpendicolare alla superfice;
− non dipende dalla velocità relativa di scorrimento.
La spiegazione del comportamento macroscopico che possiamo osservare comunemente va ricercata su scala microscopica. La forza di attrito che agisce tra due aree in contatto, in realtà, è la risultante di moltissime piccole forze che agiscono tra le moltissime asperità microscopiche che sono presenti anche su superfici che appaiono lisce sulla scala dei decimi o centesimi di millimetro. Il vero contatto quindi non avviene su tutta la superficie apparente, cioè la superficie geometrica visibile ad occhio nudo, ma solo su una porzione molto più piccola costituita dalle rugosità microscopiche. Su questa scala l’attrito può essere visto come l’effetto di tanti piccoli urti anelastici che avvengono tra le asperità.
Scendendo a scale ancora più piccole, all'origine delle forze d'attrito ci sono le interazioni di natura elettromagnetica tra gli atomi o le molecole dei diversi materiali che vengono in contatto. Queste interazioni sono dette forze di adesione o interazioni elettrostatiche "deboli" (da non confondere con l'interazione nucleare debole!) o "residue", in quanto derivano dall'effetto combinato e dalla parziale schermatura delle cariche elettriche positive dei nuclei atomici e quelle negative degli elettroni distribuiti attorno. A questa categoria appartengono le interazioni di Van der Waals, che sono forze instaurate tra dipoli elettrici, ed il legame idrogeno. Possono inoltre formarsi veri e propri legami chimici (covalenti, ionici o metallici) alla superficie dei punti di contatto quando gli atomi dei due materiali scambiano o mettono in comune elettroni.
In quest’ottica, si spiega l’osservazione sorprendente che l’attrito tra superfici perfettamente lisce può diventare enorme, come conseguenza del fatto che l’area di contatto effettiva è costituita da tutta l’area apparente, non solo da rugosità, e quindi l’adesione è molto più efficace.
Quando avviene lo scorrimento, i legami, sia quelli deboli che quelli più forti, vengono continuamente deformati, rotti e riformati causando, su scale più grandi, deformazioni elastiche e/o plastiche dei materiali, che possono essere considerate come degli urti e che, all’estremo, portano all’usura.
Associata a questi fenomeni, c’è una dissipazione dell’energia fornita per mantenere il moto relativo che si converte in vibrazioni delle molecole o dei reticoli cristallini dei materiali e quindi si traduce in un aumento della loro temperatura. Se questa diventa sufficientemente elevata, a partire da circa 500°C, la radiazione elettromagnetica di corpo nero che il materiale emette comincia ad avere una componente nello spettro visibile.
Un fenomeno diverso, invece, è la produzione di scintille. Tipicamente, la superficie dei metalli reagisce con l’aria formando un sottile strato di ossido, detto strato passivante, che protegge il materiale interno isolandolo e impedendo ulteriori reazioni. Quando avviene lo sfregamento, parti dello strato passivante possono venire rimosse esponendo nuovo metallo all’aria. La reazione chimica di ossidazione che ne consegue è fortemente esotermica e l’improvviso aumento della temperatura in punti molto localizzati provoca l’espulsione di frammenti microscopici incandescenti, le scintille, appunto.
A livello macroscopico, l’attrito tra solidi è descritto da tre leggi fenomenologiche, ricavate empiricamente:
− l’attrito è indipendente dall’area della superfice di contatto;
− è proporzionale al carico perpendicolare alla superfice;
− non dipende dalla velocità relativa di scorrimento.
La spiegazione del comportamento macroscopico che possiamo osservare comunemente va ricercata su scala microscopica. La forza di attrito che agisce tra due aree in contatto, in realtà, è la risultante di moltissime piccole forze che agiscono tra le moltissime asperità microscopiche che sono presenti anche su superfici che appaiono lisce sulla scala dei decimi o centesimi di millimetro. Il vero contatto quindi non avviene su tutta la superficie apparente, cioè la superficie geometrica visibile ad occhio nudo, ma solo su una porzione molto più piccola costituita dalle rugosità microscopiche. Su questa scala l’attrito può essere visto come l’effetto di tanti piccoli urti anelastici che avvengono tra le asperità.
Scendendo a scale ancora più piccole, all'origine delle forze d'attrito ci sono le interazioni di natura elettromagnetica tra gli atomi o le molecole dei diversi materiali che vengono in contatto. Queste interazioni sono dette forze di adesione o interazioni elettrostatiche "deboli" (da non confondere con l'interazione nucleare debole!) o "residue", in quanto derivano dall'effetto combinato e dalla parziale schermatura delle cariche elettriche positive dei nuclei atomici e quelle negative degli elettroni distribuiti attorno. A questa categoria appartengono le interazioni di Van der Waals, che sono forze instaurate tra dipoli elettrici, ed il legame idrogeno. Possono inoltre formarsi veri e propri legami chimici (covalenti, ionici o metallici) alla superficie dei punti di contatto quando gli atomi dei due materiali scambiano o mettono in comune elettroni.
In quest’ottica, si spiega l’osservazione sorprendente che l’attrito tra superfici perfettamente lisce può diventare enorme, come conseguenza del fatto che l’area di contatto effettiva è costituita da tutta l’area apparente, non solo da rugosità, e quindi l’adesione è molto più efficace.
Quando avviene lo scorrimento, i legami, sia quelli deboli che quelli più forti, vengono continuamente deformati, rotti e riformati causando, su scale più grandi, deformazioni elastiche e/o plastiche dei materiali, che possono essere considerate come degli urti e che, all’estremo, portano all’usura.
Associata a questi fenomeni, c’è una dissipazione dell’energia fornita per mantenere il moto relativo che si converte in vibrazioni delle molecole o dei reticoli cristallini dei materiali e quindi si traduce in un aumento della loro temperatura. Se questa diventa sufficientemente elevata, a partire da circa 500°C, la radiazione elettromagnetica di corpo nero che il materiale emette comincia ad avere una componente nello spettro visibile.
Un fenomeno diverso, invece, è la produzione di scintille. Tipicamente, la superficie dei metalli reagisce con l’aria formando un sottile strato di ossido, detto strato passivante, che protegge il materiale interno isolandolo e impedendo ulteriori reazioni. Quando avviene lo sfregamento, parti dello strato passivante possono venire rimosse esponendo nuovo metallo all’aria. La reazione chimica di ossidazione che ne consegue è fortemente esotermica e l’improvviso aumento della temperatura in punti molto localizzati provoca l’espulsione di frammenti microscopici incandescenti, le scintille, appunto.
* Bobzin, K., & Bartels, T. (2011). Industrial tribology: tribosystems, friction, wear and surface engineering, lubrication. John Wiley & Sons.
Paolo Sartori, fisico
ultimo aggiornamento aprile 2019