di Luca Casonato, vai al sito www.lucacasonato.com icona_linkesterno

Il progetto fotografico “Colliders” mi ha portato a visitare e fotografare 17 centri di ricerca della fisica delle alte energie. Una delle caratteristiche che differenzia i vari centri visitati dividendoli in due gruppi è la presenza o meno del colore. Per la personale esperienza, un laboratorio può essere colorato, anzi iper-colorato e variopinto, oppure in bianco e nero. Trovo questa differenziazione estremamente curiosa e intrigante. Sembra quasi che esistano solo gli opposti: alcuni istituti scelgono di essere variopinti come le ali delle farfalle, mentre altri decidono di essere puri ed algidi dipingendo tutti gli strumenti dello stesso bianco. Mi permetto anche alcune precisazioni basate sulla mia esperienza sul campo: le istituzioni che hanno optato per la via del colore hanno sviluppato una specie di ufficioso protocollo interno per l’utilizzo delle varie tinte. Ho osservato che queste regole non scritte, pur non essendo uno standard internazionale, sono comunque comuni a molte istituzioni.

Visitando sia le apparechiature più vetuste che quelle più recenti si può anche notare come le scelte nell’uso dei colori hanno subito un cambio di tendenza e gusti intorno agli anni ’80 e ’90. C’è stato come un cambio di moda per il quale i dipoli magnetici si sono scambiati di colore, ad alcune tinte di verde militaresco o olivastro si è preferito il verde smeraldo, ha fatto la sua comparsa il fucsia accompagnato da alcuni colori flou.

I centri dipinti con colori non colorati (bianco panna, ghiaccio, ral 9010, bianco sporco, beige chiaro, grigio chiarissimo, ecc…) sono tutti relativamente giovani. A me piace pensare che le scelte costruttive e progettuali che hanno dato forma e colore a molti di loro siano state improntate ad ottenere qualcosa di simile a dei templi della cultura contemporanea: visivamente puri, algidi, rigorosi. In particolare fra questi cito il LABEC (Laboratorio di Tecniche Nucleari per i Beni Culturali) a Firenze e desidero descriverlo come un contenitore neutro dove vengono indagate e studiate alcune opere d’arte anche molto antiche. Opere colorate in uno spazio quasi privo di colori. Negli ultimi anni ho avuto modo di mostrare le immagini del progetto “Colliders” a molte persone: quasi tutte si sono stupite per l’esistenza di laboratori così variopinti, poiché si erano sempre immaginati i luoghi della ricerca come grigi e spenti, per lo meno senza colori o tocchi artistici.

Ho discusso con molti ricercatori circa le ragioni che avevano reso alcune istituzioni variopinte come Arlecchino o bianche come i ghiacciai, ma mi sembra che le ragioni a favore di una soluzione o dell’altra si equivalgano.

Numericamente le istituzioni che hanno scelto la via del colore sono lievemente superiori in numero. Forse questo predominio di accostamenti cromatici vuole mostrare la parentela esistente fra creatività scientifica e artistica.

 

 
1-GSI-13ABC-CASONATO
GSI, Darmstadt, Germania, 2009 Helmholtzzentrum für Schwerionenforschung
2-GSI-17ABC-CASONATO
GSI, Darmstadt, Germania, 2009 Helmholtzzentrum für Schwerionenforschung
3-LABEC-11abc-CASONATO
INFN – LABEC, Laboratorio di Tecniche Nucleari per i Beni Culturali - Firenze, Italia, 2009
5-LABEC-22-01-CASONATO 
INFN – LABEC, Laboratorio di Tecniche Nucleari per i Beni Culturali - Firenze, Italia, 2009