Macchine per la ricerca
L’esperimento CMS (Compact MuonSolenoid)
a cura di Pierluigi Paolucci (Collaborazione internazionale CMS)
La ricerca del bosone di Higgs è stata una delle più lunghe cacce scientifiche della fisica moderna. Questo bosone fu predetto dai fisico teorici R.Brout, F.Englert, P.Higgs nel 1964, come tassello fondamentale di un modello teorico chiamato Modello Standard (MS) a cui molti fisici hanno contribuito nel corso degli anni. Fa parte del MS il fotone, ovvero il “bosone luce” e i bosoni W e Z scoperti dal premio Nobel Carlo Rubbia nel 1983. Il fotone non ha massa (per questo viaggia alla velocità della luce), mentre i bosoni W e Z, come altre particelle elementari, sono dotate di massa. Il meccanismo ipotizzato da Higgs et al. ipotizzava che le particelle massive (elettroni, quarks, W, Z, ecc.) acquistassero massa nella loro interazione con il bosone di Higgs come, usando una imperfetta analogia, noi acquistiamo la visione nell’interazione dei nostri occhi con il bosone luce (fotone).
Ci sono voluti 48 anni di ricerche e di sviluppo tecnologico per arrivare al 4 luglio 2012, quando l’esperimento CMS (assieme all’esperimento ATLAS), ha potuto annunciare la scoperta del bosone di Higgs, dando la conferma finale del MS costruito negli anni Sessanta del secolo scorso. Dopo un solo anno dalla scoperta, o meglio dopo ben 49 anni dalla loro intuizione, il belga François Englert (81 anni), della Libera Università di Bruxelles, e il britannico Peter W. Higgs (85), dell’Università di Edinburgo, gli unici due ancora in vita, ricevettero il premio Nobel per la Fisica nel 2013 per la teoria del bosone di Higgs.
Com’è stato possibile fare tutto ciò e poter finalmente brindare a questa importantissima e attesissima scoperta? Ci sono voluti un acceleratore di protoni lungo 27 Km chiamato Large Hadron Collider e due esperimenti grandi quanto una cattedrale chiamati ATLAS e CMS.
Mappa della regione franco-svizzera che ospita i laboratori del CERN di Ginevra. I 27 Km dell’acceleratore LHC sono rappresentati sulla mappa dalla più grande delle circonferenze mentre i 4 esperimenti principali sono evidenziati dal loro nome posto lungo la circonferenza.
Il Large Hadron Collider (LHC), è il più grande e potente acceleratore di particelle mai costruito. L’acceleratore è collocato in un tunnel circolare di 27 km di circonferenza, situato a circa 100 m sotto la campagna che circonda Ginevra, a cavallo della frontiera franco-svizzera. LHC accelera due fasci di protoni circolanti in senso opposto, ognuno contenuto in un tubo a vuoto e fa collidere i due fasci a un’energia nel centro di massa di 14 TeV (TeV = 1000 miliardi di elettronvolt), in quattro punti situati lungo l’orbita dell’acceleratore. In corrispondenza di queste zone di collisione sono stati installati quattro grandi apparati sperimentali: ATLAS, CMS, LHCb e ALICE.
Uno scorcio dell’acceleratore LHC posto a circa 100 metri sotto il territorio franco-svizzero evidenziato nella figura precedente.
CMS (Compact MuonSolenoid) è un esperimento cosiddetto ad ‘ampio spettro’, o meglio un progettato per studiare al meglio tutti i fenomeni fisici che si possono generare facendo scontrare protoni di altissima energia. CMS può essere schematizzato come una gigantesca macchina fotografica 3D di collisioni di particelle costituita da più di 100 milioni di singoli elementi attivi (corrispondenti a 100 mega pixel) con una caratteristica davvero eccezionale, quella di poter scattare 40 milioni di foto al secondo, ovvero tante quante sono le collisioni di protoni generate da LHC.
Vista frontale della regione centrale, detta barile, dell’esperimento CMS.
CMS è stato progettato e costruito tra il 1990 e il 2010 da circa 3.600 fisici, ingegneri, informatici e tecnici specializzati di 183 Istituti Scientifici di 38 Stati e ha iniziato a raccogliere i dati prodotti da LHC nel 2010.
Schema dell’apparato sperimentale di CMS. Il punto di collisione dei fasci si trova sulla sinistra
mentre spostandosi verso destra si incontrano i vari rivelatori di particelle; dal più interno al più esterno.
I circa 1.100 miliardi (11 fb-1) di eventi protone-protone raccolti e analizzati dalla collaborazione di CMS fino a maggio 2018 ha prodotto circa 750 pubblicazioni su riviste internazionali che corrispondono a una serie di misure e di risultati mai ottenuti da un solo esperimento in circa 6 anni di presa dati.
Le dimensioni di questo apparato sperimentale sono incredibili, dovete immaginare un grande cilindrodi 15 m di diametro, 21 m di lunghezza eun peso totale di oltre 12.000 tonnellate. Solo così è possibile fotografare, o meglio identificare, tutte le particelle stabili generate in ognuna delle 40 milioni di collisioni protone-protone che produce LHC al secondo!
Come vengono utilizzate tutte queste fotografie raccolte? Sofisticati algoritmi computazionali, sviluppati dalla collaborazione di CMS, sono usati per identificare tutte le particelle stabili prodotte misurando il loro momento P, la loro energia E e la carica per poi risalire all’informazione primaria di cosa si è prodotto nella collisione, includendo anche le particelle instabili, tanto ricercate dai fisici di CMS, come il bosone di Higgs o particelle ancora sconosciute.
I campi di fisica principali dell’esperimento CMS sono le seguenti:
• La ricerca del bosone di Higgs e lo studio delle sue caratteristiche.
• Esplorare la fisica delle altissime energie (TeV).
• Andare oltre a quello che abbiamo capito e che viene spiegato con il Modello Standard o meglio studiare altre teorie, più ampie, che possano spiegare tutto quello che ancora non abbiamo capito come per esempio “la materia oscura”.
• Studiare gli aspetti delle collisioni di ioni pesanti, che per un periodo dell’anno vengono accelerati e fatti scontrare tra di loro da LHC al posto dei protoni.
L’apparato sperimentale di CMS è composto da una serie di rivelatori, alcuni dei quali immersi in un campo magnetico, capaci, come già detto, di misurare l’energia e l’impulso delle particelle create nelle collisioni.Ci sono 3 tipologie di rivelatori; il tracciatore, i calorimetri e i rivelatori di muoni. Ognuno di essi ha un compito ben preciso, quello di studiare le caratteristiche di un tipo di particella.
Il magnete di CMSè l’apparecchio attorno al quale tutto l’esperimento è costruito. Èun magnete superconduttore, raffreddato a una temperatura di -268.5º C, permettendo alla corrente elettrica di scorrere senza resistenza nelle sue bobine, che genera uncampo magnetico di 4 Tesla che è 100.000 volte più forte del campo magnetico terrestre.Il suo compito è quello di deviare le traiettorie delleparticelle cariche per consentire la misura del loro impulso. Un metodo per calcolare l’impulso di una particella carica è quella di tracciarla all’interno di un campo magnetico; più curvata è la traccia, minore è l’impulso della particella.
A sinistra, uno degli eventi rivelati da CMS nel 2012. L’evento mostra le caratteristiche aspettate di un decadimento di un bosone di Higgs in due bosoni Z che a loro volta decadono in due elettroni e due muoni. A destra, uno dei grafici principali che ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. I punti neri rappresentano i dati sperimentali e il valore sull’asse delle x in corrispondenza della gobba evidenziata della curva rossa rappresenta il valore della massa del bosone di Higgs.
Partendo dal punto dove interagiscono i due protoni dell’LHC (centro di interazione) (Fig. 3) troviamo prima il tracciatore che ricostruisce le traiettorie delle particelle misurando le loro posizioni in vari punti. Il tracciatore può ricostruire le traiettorie di muoni, elettroni e adroni (particelle composte di quarks) di alta energia. Può inoltre “vedere” tracce di particelle prodotte dai decadimenti di particelle a breve vita media come il quark b. Il tracciatore deve registrare con precisione le traiettorie di particelle, ma deve anche “disturbare” il loro passaggio il meno possibile. Ossia deve essere “leggero” in modo da non perturbare il passaggio delle particelle. Questo si ottiene compiendo poche registrazioni estremamente accurate sulla traiettoria di una particella. La precisione di ogni singola misura è di 10 µm, una frazione dello spessore di un capello umano.
Andando dall’interno verso l’esterno di CMS troviamo due tipi di “calorimetri”: il calorimetro elettromagnetico e il calorimetro adronico.
La proprietà di base di un calorimetro è di convertire l’energia di una particella incidente in un segnale, mantenendo la proporzionalità tra energia rilasciata e segnale raccolto. Esistono due grandi famiglie di calorimetri: i calorimetri elettromagnetici per la rivelazione di elettroni e fotoni e i calorimetri adronici mirati alla rivelazione di particelle a interazione forte dette adroni.
L’ultimo rivelatore che incontriamo è quello di muoni. I muoni sono particelle cariche come l’elettrone e il positrone, solo che pesano 200 volte di più. Vengono prodotti nei decadimenti di molte potenziali nuove particelle; per esempio una delle topologie più evidenti del bosone di Higgs è il suo decadimento in 4 muoni.Siccome i muoni possono penetrare parecchi metri di ferro senza interagire, al contrario della maggior parte delle particelle, i muoni non sono “fermati” da nessuno dei calorimetri di CMS. I rivelatori di muoni sono quindi collocati all’esterno del magnete, dove solo i muoni sono in grado di giungere e lasciare un segnale.
Più di 500 ricercatori, ingegneri e tecnici dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e dei corrispettivi atenei partecipano, sin dai primi giorni, al progetto di CMS. Gli italiani hanno avuto un ruolo chiave nella realizzazione del tracciatore, del calorimetro elettromagnetico, del sistema di rivelazione dei muoni, del trigger e computinge ancora oggi hanno un chiaro ruolo di leadership. Dal 2010 a oggi per ben due volte lo spokesperson, o meglio il responsabile internazionale di CMS, è stato un ricercatore italiano; il primo è stato Guido Tonelli di Pisa mentre dal 2019 al 2020 sarà Roberto Carlin di Padova a trainare le file dei 3.000 ricercatori di CMS. Tantissimi sono stati i ricercatori italiani che si sono messi in evidenza in CMS e che hanno ricoperto ruoli di responsabilità e di coordinamento durante tutte le fasi del progetto e che oggi lavorano ai futuri sviluppi del progetto. Altrettanto numerosi sono gli studenti italiani, universitari e di dottorato,che qui svolgono, con impegno ed entusiasmo, il loro lavoro di ricerca in un ambiente internazionale altamente stimlante.
CMS, così come l’acceleratore LHC e gli altri esperimenti, subirà, nei prossimi anni, una serie di aggiornamenti e di migliorie che gli consentiranno diaumentare il numero di collisioni di protoni al secondo in modo da accumulare sempre un maggior numero di eventi che consentiranno di studiare nuove regioni della fisica delle particelle e semmai giungere a una nuova scoperta rivoluzionaria come quella del bosone di Higgs.