Fritz Zwicky nasce il 14 febbraio 1898
Biografia della rubrica “Vita da genio” a cura di Chiara Oppedisano
Eccentrico e scorbutico, arrogante e irascibile, così i colleghi descrivevano Fritz Zwicky, uno degli astrofisici più geniali e acuti del secolo scorso. Basti pensare che supernovae, stelle di neutroni e materia oscura sono alcune delle teorie da lui elaborate circa 90 anni orsono! Però, forse proprio a causa del suo carattere che non lo rendeva gradito ai colleghi, le sue teorie dovettero attendere decine di anni per essere considerate dalla comunità scientifica… o per essere “riscoperte” senza che gliene fosse attribuita la paternità.
Ma cominciamo dall’inizio: Fritz Zwicky nacque in Bulgaria il 14 febbraio 1898, da mamma cecoslovacca e padre svizzero e Fritz fu mandato a scuola proprio in Svizzera. Attratto dalla matematica e dalla fisica, nel 1920 si laureò al Politecnico di Zurigo, discutendo un lavoro di tesi elaborato con il grande matematico, fisico e filosofo Hermann Weyl. Nel 1922 conseguì il dottorato di ricerca in fisica con un lavoro sulla meccanica quantistica applicata a cristalli ionici, seguito dal chimico Peter Debye (futuro premio Nobel nel 1936) e dal fisico Paul Scherrer (uno dei fondatori del CERN). Nel 1925 ottenne una borsa di studio della fondazione Rockefeller per andare negli Stati Uniti; quando gli fu domandato quale Università volesse scegliere, rispose «dove ci sono delle montagne». La scelta ricadde quindi su Pasadena, dove vi era il prestigioso California Institute of Technology (Caltech) e dove avrebbe lavorato con Robert Millikan (premio Nobel nel 1923 per la scoperta dell’elettrone). Al suo arrivo in California però, Zwicky espresse il suo disappunto perché quelle che vedeva intorno a Pasadena «erano solo colline».
Dal 1931 iniziò a collaborare con Walter Baade, un astronomo tedesco che lavorava al vicino osservatorio di Monte Wilson. Osservando delle novae1 particolarmente brillanti in galassie distanti, Baade e Zwicky calcolarono che doveva trattarsi di stelle con luminosità enormi, fino a milioni di volte quella del nostro Sole, e coniarono il termine “supernova”. I due scienziati calcolarono l’energia rilasciata nell’esplosione di una supernova e, nonostante alcune ipotesi non fossero del tutto corrette, la stima dell’energia che ne ricavarono era abbastanza realistica. Baade e Zwicky non riuscivano a spiegarsi come il solo collasso gravitazionale di una stella portasse a quantità di energia liberata così elevate. Finché nel 1932 James Chadwick non scoprì il neutrone, la particella che si lega ai protoni per formare nuclei atomici. A quel punto Zwicky ipotizzò che, in seguito all’esplosione di una supernova, rimanesse una stella composta soltanto di neutroni, con una densità molto elevata: un ipotetico cucchiaino di stella di neutroni peserebbe sulla Terra circa 10 miliardi di tonnellate… come dire il Monte Bianco nel caffè! Questo riconciliava le energie rilasciate nell’esplosione con i suoi calcoli. Ma Zwicky non si fermò qui e ipotizzò anche che i raggi cosmici fossero prodotti proprio nell’esplosione delle supernovae. Nel 1933 Zwicky e Baade presentarono i loro risultati al meeting dell’American Physical Society alla Stanford University: supernovae, stelle di neutroni e origine dei raggi cosmici, non male come intervento!
Zwicky al telescopio dell’Osservatorio di Mount Wilson negli anni ’30
Sempre nel 1933 Zwicky, dalla velocità di rotazione delle stelle nell’ammasso di galassie della Chioma, calcolò che la massa dell’ammasso doveva essere circa 400 volte maggiore della massa delle stelle che emettevano luce. In poche parole, la massa della materia visibile non poteva spiegare l’elevata velocità di rotazione osservata (pari a circa 3 milioni di km/h). Nell’articolo nel quale riportava queste osservazioni, Zwicky ipotizzò che dovesse esistere una “dunkle materie”, materia oscura, non visibile e di origine sconosciuta che spiegasse il fenomeno. La sua osservazione fu ignorata per oltre 40 anni, quando Vera Rubin giunse alle stesse conclusioni osservando la vicina galassia di Andromeda. E a quasi 90 anni dall’idea di Zwicky i fisici stanno ancora cercando di rivelare le elusive particelle di materia oscura.
In seguito si dedicò alla ricerca e alla catalogazione di altre supernovae, per questo scopo fece acquistare dal Caltech un telescopio nuovo e innovativo che consentiva di osservare un gran numero di galassie nella stessa finestra visiva. L’investimento fu ben ammortizzato: Zwicky lo usò per il resto della sua carriera, scoprendo circa 120 supernovae in poco più di 50 anni e nel 1993 gli astronomi Carolyn e Eugene Shoemaker e David Levy scoprirono la cometa che prese il loro nome e che si schiantò su Giove nel 1994.
Durante le osservazioni, Zwicky appurò che gli ammassi2 (o cluster) di galassie fossero la regola e non un’eccezione come allora si pensava.
Nel 1912 Einstein formula la sua teoria della relatività, una delle previsioni è che corpi celesti dotati di grande massa esercitino una forza di attrazione gravitazionale tale da deviare la luce che passa nelle vicinanze, fenomeno noto con il nome di lente gravitazionale. Einstein era però scoraggiato dal fatto che non ci fosse alcuna evidenza sperimentale di questa previsione. Zwicky nel 1937 pubblicò due articoli nei quali suggeriva di osservare l’effetto dovuto alle galassie invece che a singole stelle, poiché, contenendo miliardi di stelle e materia oscura, avevano una massa molto più elevata e quindi una forza gravitazionale molto più intensa. Zwicky spese da quel momento molto tempo a cercare gli effetti gravitazionali delle galassie sulla luce proveniente dallo spazio profondo, ma quest’effetto fu confermato dalle osservazioni solo nel 1979, cinque anni dopo la sua scomparsa.
Durante la seconda guerra mondiale collaborò all’ottimizzazione di propulsori e combustibili per i pesanti aerei bombardieri. Ottenne un lasciapassare nonostante avesse rifiutato di prendere la cittadinanza americana (pare non abbia voluto «poiché i cittadini americani naturalizzati non possono nemmeno diventare presidenti»).
La gravità della galassia nel centro della foto devia la luce proveniente da una galassia lontana formando un anello, come aveva predetto Einstein nel 1912. L’immagine proviene dal telescopio Hubble
Nel 1942 diviene professore alla Caltech e dal 1943 diviene anche direttore della ricerca e consulente dell’industria californiana di razzi Aerojet Engineering Corporation.
Nel 1957 ottenne di poter utilizzare un razzo tedesco V2 per un esperimento: sistemò lui stesso delle cariche esplosive a bordo del razzo con lo scopo di farlo esplodere durante il volo in atmosfera per produrre dei meteoriti artificiali. L’esperimento ebbe luogo sui cieli del New Mexico e si osservarono gli effetti dell’esplosione fin dall’osservatorio di Mount Palomar (a quasi 100 km di distanza). Zwicky era molto orgoglioso che l’esito di questa esplosione fosse quello di aver messo in orbita intorno al sole il primo oggetto fatto dall’uomo: un proiettile di metallo.
Zwicky ideò un approccio metodico e sistematico per affrontare i problemi complessi in maniera molto efficiente, la “morfologia”. Amava l’arrampicata in montagna, in inverno approfittava delle giornate all’osservatorio di Mount Wilson per andare a sciare. Chiamava alcuni colleghi dell’osservatorio “spherical bastards” perché diceva che erano tali da qualsiasi punto di vista li si osservasse. Si spese per molte opere benefiche (in particolare per la ricostruzione di numerose biblioteche danneggiate durante la guerra, alle quali donò moltissimi libri) e fu insignito dal presidente Truman della medaglia presidenziale della libertà (Presidential Medal of Freedom) nel 1949.
Fritz Zwicky si ritirò dall’attività di ricerca nel 1968, morì l’8 febbraio del 1974 a Pasadena, riposa a Mollis in Svizzera. Nonostante la sua personalità controversa è stato sicuramente una delle menti più geniali e brillanti del secolo scorso; in anticipo sui tempi e con previsioni che sembrarono azzardate a molti dei suoi contemporanei, ha lasciato un profondo impatto sulla nostra conoscenza dell’Universo.
1 Stelle che aumentano improvvisamente fino a 10.000 volte la loro luminosità per poi tornare a valori normali dopo qualche mese
2Un ammasso di galassie è costituito da migliaia di galassie tenute insieme dalla forza di gravità