di Gino Isidori
Quando nel 1928 Paul Dirac ipotizzò l'esistenza dell'antimateria, furono in molti a restare perplessi: si trattava infatti di un concetto troppo rivoluzionario per essere accettato facilmente.
Nel 1932 però accadde qualcosa di sorprendente: Carl Anderson, un giovane fisico del California Institute of Technology, riuscì a fornire una evidenza concreta dell'esistenza dell'antimateria. La scoperta avvenne nel corso di un esperimento volto a studiare la natura dei raggi cosmici, il flusso di particelle provenienti dallo spazio che continuamente investe il nostro pianeta,
In particolare, l'esperimento analizzava le tracce lasciate dalle particelle nell'attraversamento di una camera a nebbia (un apparato costituito sostanzialmente da una camera piena di vapore, in cui il passaggio di una particella carica viene visualizzato dall'apparire di una scia di bollicine).
Traccia di un positrone nella camera a nebbia
Fra tante tracce ordinarie, Andersen ne identificò una particolare, che corrispondeva al passaggio di una particella con massa uguale all'elettrone ma carica elettrica opposta, cioè positiva: era il primo segno tangibile dell'esistenza dell'antielettrone, che oggi chiamiamo positrone.
Da allora le evidenze sperimentali dell'esistenza dell'antimateria si sono succedute a ritmo crescente ed attualmente la creazione di antiparticelle è un fenomeno di routine in numerosi laboratori di alte energie di tutto il mondo.