di Franco L. Fabbri e Luigi Benussi
Nel 1975 Stephen Hawking si domandò se potesse esistere un buco nero di massa molto piccola, tanto piccola da essere contenuto in dimensioni sub-nucleari. Cosa succede se un buco nero ha le dimensioni di un protone o di un neutrone?
In questo caso oltre alle leggi della gravitazione entrano in gioco anche quelle della meccanica quantistica con effetti - come vedremo - sorprendenti.
Il diametro dell’orizzonte degli eventi di un buco nero è proporzionale alla sua massa. Un buco nero di massa 5 volte la massa del nostro Sole ha un diametro di circa 30 km, quello di 10 volte la massa del Sole ha 60 km di diametro, quello di 100 volte ha 600 km di diametro. Non c’è limite superiore all'estensione di un buco nero. Stelle con massa 100 milioni di volte quella del nostro Sole possono dare origine a buchi neri con orizzonte degli eventi uguale a quelle del nostro intero sistema solare, cioè con orizzonte degli eventi di circa un miliardo di chilometri. Esiste invece un limite inferiore alla massa di una stella che può evolvere in un buco nero ed è quello di 3 masse solari. Un buco nero delle dimensioni di un protone (10-15 metri ) corrisponderebbe ad una massa molto più piccola: circa un miliardo di tonnellate, la massa cioè di una montagna sulla terra o quella di un piccolo asteroide. Questo tipo di buchi neri non potrebbe quindi formarsi dal collasso di una stella. Hawking ha però dimostrato che buchi neri di così piccola massa e dimensioni avrebbero potuto formarsi in condizioni particolari nella primissima fase dell'evoluzione dell’Universo. Se realmente esistessero, sarebbe possibile identificare questi buchi neri primordiali?
Strano a dirsi, diversamente dai buchi neri originati dalle stelle morenti, questi buchi neri, che si sono sviluppati quando l’universo era bambino, emetterebbero radiazione. Come è possibile se sappiamo che nulla può evadere dall’orizzonte degli eventi? La risposta viene dalla meccanica quantistica: le particelle emesse non provengono dall’interno del buco nero ma dal vuoto quantistico . Abbiamo già incontrato il vuoto quantistico nel descrivere l’effetto Casimir [26] ;e per il momento ci basti sapere che esso può essere immaginato come un mare composto da tutte le particelle elementari e dalle loro antiparticelle. Coppie virtuali di particella-antiparticella (elettrone-positrone, quark-antiquark) o coppie di fotoni o gravitoni (che sono antiparticelle di se stesse) si materializzano dal vuoto quantistico e subito si annichilano tra loro. Immaginiamo ora cosa può accadere sulla superficie dell’orizzonte degli eventi di uno di questi buchi neri. Tra le tante coppie virtuali create e riassorbite dal vuoto quantistico [52] potrà accadere che, in qualche caso, una delle particelle della coppia prima di annichilirsi con la sua compagna, sia attratta dalla forza gravitazionale dentro il buco nero, mentre l’altra se ne allontani. Le due particelle sono ora reali, una è irrimediabilmente catturata, l’altra ci apparirà “emessa” dal buco nero.
Questo processo quantistico produce quindi una radiazione che viene emessa sulla linea dell’orizzonte degli eventi. Mentre i buchi neri originati dal collasso delle stelle sono la forma finale dell’evoluzione dell’astro (e una volta formati dovrebbero esistere per sempre), questi buchi neri primordiali emettendo la “radiazione di Hawking“ si esauriscono in una lenta evaporazione che si conclude con una drammatica esplosione. Fino ad oggi, nessuna esplosione di buchi neri primordiali alla Hawking è stata osservata. La ricerca continua…