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Nella nostra galassia esistono varie forze o campi gravitazionali propri dei corpi celesti. Mi risulta che in laboratorio è stato possibile creare queste forze o (campi gravitazionali) se ciò è vero domando: possiamo creare e contenere in un solo involucro due forze separate di campi gravitazionali? (Alfonso) (2063) |
La gravità agisce su tutti i corpi dotati di massa esercitando una forza proporzionale al prodotto delle masse ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. La costante di proporzionalità, G, introdotta da Isaac Newton ha il valore di 6.6720 x 10-11 m-3 kg-1 s-2 . Una caratteristica peculiare della forza di gravità, consiste nell’essere puramente attrattiva. La forza elettromagnetica, invece, può essere sia attrattiva che repulsiva a seconda che siano in gioco “cariche” di segno opposto od uguale. Due cariche elettriche di segno opposto che si attraggono e si avvicinano , tendono alla fine a “neutralizzarsi” dando un effetto risultante “nullo". In questo senso è possibile parlare, nel caso delle forze elettromagnetiche, di “schermatura": è sufficiente realizzare un’opportuna configurazione di cariche opposte a quella da schermare (un esempio molto noto è quello della “Gabbia di Faraday ”). Al contrario, nel caso della forza gravitazionale è impossibile realizzare una schermatura proprio perchè non esistono “cariche gravitazionali” di segno opposto. Le masse in gioco si sommano sempre e mai andrebbero a sottrarsi a quella originale. Le forze gravitazionali non si creano: la gravità è generata, in senso Newtoniano, dalla presenza di massa. Se ci si riferisce invece alla possibilità di creare un ambiente a “gravità artificiale” ciò è possibile generando forze per mezzo di rotazioni. Queste forze sono dette “centripete” (come quelle avvertibili in caso di una brusca sterzata in automobile, o, ancor più, sulle “Montagne Russe”). Questo è un problema che scienziati ed ingegneri aerospaziali si stanno seriamente ponendo e stanno cercando di risolvere in vista di future missioni e/o permanenze nello spazio di lunga durata a bordo di astronavi o stazioni spaziali per alleviare i debilitanti effetti della microgravità . Anche nel caso del campo gravitazionale, si esprime il concetto di energia e di lavoro: una massa posta ad una certa altezza da terra acquista un’energia potenziale gravitazionale proporzionale all’altezza stessa. Il lavoro che compie la forza di gravità, dipende solo dalla posizione dell'oggetto, ovvero dalla sua altezza rispetto al piano di riferimento; non dipende dalla traiettoria seguita dall'oggetto per passare dalla posizione iniziale alla posizione finale. La forza di gravità è dunque un esempio di forza conservativa . I campi gravitazionali dei pianeti sono stati utilizzati in alcune missioni spaziali interplanetarie per sfruttare il cosiddetto “effetto fionda” o “gravity assist” (ideato dall’italiano Giuseppe Colombo) allo scopo di far guadagnare velocità ai veicoli spaziali. E’ un modo di sfruttare, praticamente in modo gratuito (con significativi risparmi di carburante), l’energia gravitazionale dei pianeti incontrati dalla sonda: quando la sonda si avvicina ad un pianeta, acquista una velocità aggiuntiva grazie al fatto che il pianeta sta orbitando intorno al Sole. Il pianeta la trascina verso di sé durante la sua orbita, fornendo alla sonda una spinta, proprio come nel caso di un sasso lanciato da una fionda accelerata in avanti dal movimento della mano. A titolo di esempio, il ruolo dell’effetto fionda è stato cruciale nella missione Cassini/Huygens che ha raggiunto Saturno: l’ha utilizzato per la prima volta nell’aprile 1998 con Venere, nel 1999 di nuovo con Venere in giugno e con la Terra nell'agosto dello stesso anno, e infine con Giove nel dicembre 2000. La sonda Huygens abbandona Cassini per esplorare Titano L’insieme di queste spinte ha consentito alla Cassini/Huygens di arrivare alla velocità di circa 80 mila km/h. La sonda Cassini il 25 dicembre 2004 ha liberato la sonda Huygens verso Titano , la più grande e misteriosa luna di Saturno, dove è atterrata il 14 gennaio 2005. Marco Ricci – Fisico |
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