di Paolo Lenisa
Come in molti altri campi della conoscenza, i primi ad interrogarsi su cosa fosse il vuoto furono i Greci. Tra di essi, Aristotele condizionò il pensiero su questo argomento per due millenni ritenendo che il vuoto non esistesse affatto. Egli sosteneva che la natura aborre il vuoto e che quando da un luogo veniva tolta tutta la materia, producendo appunto il vuoto, immediatamente nuova materia si precipitava a colmarlo (concetto dell’“horror vacui”), del resto è quello che succede quando da una vasca colma d’acqua se ne toglie un bicchiere. Uno degli argomenti a supporto di tale conclusione era l’interpretazione errata che Aristotele dava del movimento. Egli era infatti convinto che la velocità di un corpo fosse direttamente proporzionale alla forza applicata F ed inversamente proporzionale alla densità del mezzo d secondo la relazione: v∝F/d. Una densità nulla, come quella implicata dal vuoto, avrebbe comportato un corpo che si muovesse con velocità infinita, il che, ovviamente, risulta impossibile.
FIGURA 1 – Antico piatto greco raffigurante un arciere nell'atto di estrarre una freccia dalla faretra (520-500 a.C.).
Aristotele utilizzò il concetto di orrore del vuoto per spiegare come una freccia si mantenga in moto una volta che questa abbia lasciato l’arco dalla quale è stata scoccata. Aristotele riteneva, infatti, che per mantenere in moto un oggetto fosse necessaria l’applicazione continua di una forza. Secondo Aristotele una freccia in movimento creava una sorta di vuoto dietro di sé e l’aria che si precipitava a riempirlo spingeva la freccia in avanti.
ultimo aggiornamento giugno 2013