di Gianluca Li Causi

Per gioco, proviamo a ipotizzare che nella vostra automobile superveloce il tempo scorra più lentamente, per esempio alla metà del tempo di chi sta fermo: cioè ipotizziamo che 1 secondo sull’orologio della macchina in sosta corrisponda a mezzo secondo del vostro tempo.

Questa ipotesi fatta per gioco è già sufficiente, da sola, a spiegare il paradosso: infatti, dopo 1 secondo misurato dalla macchina in sosta, la luce vi sta 150 mila km davanti. Ma per voi è passato soltanto mezzo secondo, perciò non c’è più nulla di strano: la luce rispetto a voi va a 150/0.5=300 mila km/s e rispetto all’altra macchina pure.

Convincetevi che il trucco funziona e poi continuate la lettura.

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Facciamo ora un altro gioco, del tutto simile, in cui proviamo a ipotizzare che al tempo non succeda nulla, ma che lo spazio, per voi che andate a gran velocità, si accorci fino alla metà dello spazio di chi sta fermo: in tal caso una distanza misurata col vostro metro risulterebbe doppia rispetto alla stessa distanza misurata col metro fermo.

Vedete facilmente che anche questa seconda ipotesi è sufficiente, da sola, a risolvere il paradosso: infatti la distanza di 150 mila km tra voi e la luce, misurata dall’auto in sosta, risulterebbe di 300 mila km se misurata col vostro metro accorciato. Perciò si spiegherebbe com’è che misuriate entrambi 300 mila km per due distanze che vi aspettereste diverse: il motivo è che le state misurando con due metri che non sono uguali. Il metro in moto, per chi sta fermo, è più corto.

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