“Bel trucco” mi direte, “se col movimento cambi il tempo, o cambi lo spazio, per forza poi la velocità della luce ti viene uguale”.
Quasi. In realtà uno studio più accurato, fatto proprio da Albert Einstein, ci mostra che il cambiamento del tempo, o dello spazio, presi da soli non bastano a spiegare tutti i fenomeni, che invece si spiegano se questi due cambiamenti avvengono entrambi.
Qualsiasi altra spiegazione (e ne furono proposte molte) non funziona.
La scoperta della Relatività Speciale perciò è proprio questa: il movimento dilata il tempo e congiuntamente accorcia lo spazio.
Nell’esempio di prima, a far bene i conti, succede che mentre l’auto in sosta misura un tempo di 1 secondo e una distanza di 150 mila km tra voi e il raggio di luce, voi, con la velocità che avete, misurate che son passati 0.58 secondi e che la luce vi sta 173 mila km avanti.
Velocità, spazio e tempo sono quindi indissolubilmente legate tra loro: le formule che le legano sono chiamate trasformazioni di Lorentz e descrivono la corretta combinazione delle velocità, risolvendo così i paradossi prodotti dalla costanza della velocità della luce.
Ma è solo un’ipotesi, un trucco… o succede davvero?
In fisica, quando un'ipotesi spiega in modo esauriente tutti i fenomeni conosciuti ed è in grado di prevedere i risultati di un esperimento prima ancora di realizzarlo, quell'ipotesi diventa una teoria. Se gli esperimenti sono verificati, la teoria si può usare per descrivere la realtà, almeno fino a quando non intervenga una nuova osservazione che la contraddica.
Vedetela così: se tutti, ma proprio tutti, i fenomeni che conoscete, o che andate scoprendo in ogni nuovo esperimento, si comportano esattamente come se la vostra ipotesi fosse vera, ne concludete che la realtà deve esser fatta proprio così.
E in tutti gli esperimenti che coinvolgono sistemi in moto tra loro si verifica sempre che il tempo si dilata e lo spazio si accorcia esattamente di quanto prevede la Relatività.
Considerate che questi effetti, che si manifestano in modo evidentissimo per velocità vicine a quelle della luce, come ad esempio negli acceleratori di particelle, si verificano lo stesso anche a basse velocità, per quanto l’effetto sia impercettibile.
Per darvi un’idea, quando viaggiate su un aereo di linea, che va a circa 800 km/h, il vostro tempo rallenta di 3 decimillesimi di miliardesimo di secondo per ogni secondo che passa qui sulla terraferma.
Sembra niente, ma con un orologio atomico lo si può misurare.
Ed è molto più tangibile di quanto immaginiate: per esempio il vostro navigatore satellitare GPS sbaglierebbe di vari chilometri se non tenesse conto di questa dilatazione del tempo.
Un fine lettore potrebbe chiedersi se non avvenga invece che sia il meccanismo dell’orologio a stararsi quando si muove, e lo stesso per il metro. Ma non è un problema degli strumenti di misura: nell’esperimento di Michelson-Morley, per esempio, non si fa uso ne’ di orologi ne’ di metri, ma solo di raggi di luce.
Il fisico Lorentz tentò di spiegare le cose sostenendo che fosse la materia stessa ad accorciarsi con la velocità, ma non funzionò, mentre Einstein, sostenendo che sia lo spazio stesso ad accorciarsi, e il tempo a dilatarsi, spiegò non solo i paradossi sulla velocità della luce, ma anche un gran numero di altri fenomeni fisici che fino allora erano rimasti incompresi, primo fra tutti l’elettromagnetismo. E gli esperimenti fatti da allora fino ad oggi gli danno ragione.
Quindi davvero un secondo non dura sempre un secondo e un metro non è sempre lungo un metro, ma il loro valore dipende da chi fa la misura.
Notate però che per ogni osservatore il proprio tempo e il proprio spazio restano comunque immutati: se vi trovate su un missile superveloce non avviene che vi sentiate più stretti e che il tempo non vi passi mai! Ma per me che sto qui sulla Terra e mi muovo diversamente da voi, voi siete realmente più stretti, nella direzione del movimento, e il vostro tempo scorre realmente al rallentatore!