Hans Jakob Steinberger nasce il 25 maggio 1921
Biografia della rubrica “Vita da genio” a cura di Chiara Oppedisano
C’è uno scienziato il cui nome interseca le più importanti scoperte nel campo della fisica delle particelle del secolo scorso. È Hans Jakob Steinberger, chiamato da tutti Jack. Scienziato appassionato e curioso, rigoroso e determinato, carismatico e modesto. Diceva che gli scienziati dovrebbero essere interessati a conoscere i segreti della Natura e non ai premi. Lui era mosso da un’autentica passione per la conoscenza dei segreti della Natura. Ma fu anche insignito del più prestigioso dei premi, nel 1988, quando condivise il Nobel con Leon Lederman eMelvin Schwartz per aver prodotto il primo fascio di neutrini a un acceleratore di particelle e aver scoperto un secondo tipo di neutrino, quello denominato “muonico" poiché associato alla produzione o al decadimento di un muone.
La sua storia ebbe inizio a Bad Kissingen, paesino della Germania che gli diede i natali nel maggio del 1921. Nel 1934 i genitori furono costretti a mandarlo negli Stati Uniti con il fratello, di qualche anno più grande, per salvarli dalle persecuzioni naziste. I ragazzini vennero accolti da una famiglia americana, con cui vissero fino all’arrivo oltre oceano dei genitori e del fratello minore nel 1938.
Nel 1942 Jack si laureò in ingegneria chimica all’università di Chicago. Durante la seconda guerra mondiale lavorò al MIT allo sviluppo di un dispositivo di puntamento a guida radar. Proprio qui, seguendo i corsi introduttivi alla teoria delle radiazioni elettromagnetiche, cominciò a innamorarsi della fisica. Si appassionò in particolare alla fisica teorica e, una volta finita la guerra, tornò a Chicago e si iscrisse al corso di laurea in fisica. Jack ripeteva spesso che qui ebbe una delle più grandi fortune che potessero capitargli: avere come insegnante Enrico Fermi. Le lezioni di Fermi, sempre estremamente chiare e di grande impatto, ma soprattutto i gruppi di discussione che Fermi organizzava oltre l’orario di lezione, in cui spronava i suoi studenti a sollevare questioni e a risolvere problemi, furono la chiave di volta per Jack. Imparò tantissimo, sia dal maestro che dai compagni di corso durante queste discussioni informali. E il confronto critico con i colleghi così come il coinvolgimento attivo in tutte le fasi di un esperimento sarebbero rimasti tratti distintivi del suo essere scienziato, anche nelle collaborazioni più numerose che avrebbero caratterizzato gli anni a venire nella sua carriera.
Figura 1. Jack nel 1983, nel tunnel di LEP con Aldo Michelini, Ugo Amaldi, Herwig Schopper, Henri Laporte.
Nonostante fosse sempre affascinato alla fisica teorica, Jack fu convinto da Enrico Fermi a occuparsi di un problema non compreso negli esperimenti di Bruno Rossi e Matthew Sands che riguardava i decadimenti dei muoni provenienti dai raggi cosmici. Rossi e Sands, infatti, osservavano un numero di decadimenti molto diverso da quello atteso, circa un fattore 2. L’intuizione di Jack fu quella di ipotizzare che il decadimento del muone, oltre all’elettrone e al neutrino elettronico, coinvolgesse una terza particella. Stimolato da Fermi, costruì un apparato sperimentale per verificare la sua ipotesi. Fermi gli suggerì di effettuare le misure in montagna, dove il flusso di raggi cosmici è più elevato. Jack non aveva la patente, per cui Fermi ingaggiò un autista e l’estate successiva i risultati sperimentali confermarono l’ipotesi di Steinberger: una terza particella, elusiva almeno quanto il neutrino elettronico, prendeva parte al decadimento dei muoni.
Il supporto e la sapiente mano di Enrico Fermi avevano quindi “convertito” un giovane attratto dalla fisica teorica in un eccellente fisico sperimentale, il cui contributo è stato cruciale nella fisica delle particelle, nello studio delle interazioni deboli e delle violazioni della simmetria CP.
Dopo la laurea andò a Princeton, centro di eccellenza per la fisica teorica, il cui direttore era Robert Oppenheiner. Ma poco tempo dopo accettò l’invito a Berkeley del suo compagno di studi di Chicago, Gian Carlo Wick. Nel laboratorio guidato da Lawrence, l’inventore del primo acceleratore di particelle, Jack ebbe l’opportunità di fare degli esperimenti all’elettrosincrotrone e, insieme a Panofsky e Steller, confermò l’esistenza del pione neutro. Se ne andò dopo solo 1 anno da Berkeley, rifiutandosi di firmare il giuramento di fedeltà anti-comunista e si trasferì alla Columbia University a New York. Proprio in quegli anni Donald Glaser ideò un nuovo rivelatore, la camera a bolle. Jack intuì immediatamente l’enorme potenziale del rivelatore e lo ottimizzò, dando un contributo sostanziale all’impiego delle camere a bolle negli esperimenti di fisica delle particelle. Ne progettò e realizzò una di oltre 13 m di diametro, che utilizzò al laboratorio di Brookhaven per studiare delle nuove particelle appena scoperte, particelle contenenti i quark di tipo "strange" (s). Riuscì così a dimostrare l’esistenza della particella strana Σ0 e a misurarne la massa. Continuò ad affinare la tecnica delle camere a bolle, collaborando anche con i gruppi di fisici sperimentali di Bologna, guidato da Giampietro Puppi, e Pisa, il cui leader era Marcello Conversi.
Nel 1961, con Lederman e Schwarz, produsse per la prima volta un fascio di neutrini utilizzando un acceleratore di particelle, osservando inoltre che i neutrini che interagivano nelle camere a bolle, producevano muoni e non elettroni. Fu l’evidenza sperimentale che, oltre al neutrino associato all’elettrone, esisteva un secondo neutrino associato al muone.
Figura 2. Jack (a sinistra) con Schwartz e Lederman nel 1988 durante la celebrazione del loro Premio Nobel al Brookhaven Lab.
Trascorse un anno sabbatico al CERN, dove lavorò con Carlo Rubbia, altro premio Nobel, a un esperimento che aveva lo scopo di studiare la violazione CP nel decadimento dei mesoni K.
Nel 1968 Jack si stabilì definitivamente al CERN, dove, proprio quell’anno, Georges Charpak inventò un nuovo rivelatore di particelle, la camera a fili, che arrivava a essere anche 100 volte più veloce di una camera a bolle. Inutile dire che Jack fece anche di questo rivelatore un elemento fondamentale nei suoi esperimenti successivi.
Nel 1972 divenne il responsabile dell’esperimento CDHS che effettuò misure molto precise della funzione di struttura dei nucleoni. Dal 1983 divenne lo spokesperson dell’esperimento ALEPH al collider LEP. Le collaborazioni scientifiche iniziavano a essere molto numerose. Raccontano i colleghi di ALEPH che durante le discussioni, talvolta anche molto accese, sulle strategie di rivelazione o sull’interpretazione dei risultati sperimentali, Jack lasciava parlare tutti e alla fine interveniva con argomenti talmente chiari e ben argomentati che convinceva facilmente tutti.
Figura 3. Jack nel suo ufficio al CERN nel 2016.
Nel 1986 si ritirò, ma continuava ad andare al CERN e a tenersi aggiornato sulle ricerche, sugli apparati sperimentali, sui principali risultati. Nel 1995 dichiarò in un’intervista che non potendo più competere con le giovani generazioni cosi abili con i computer, si stava dedicando allo studio della cosmologia e dell’astrofisica, perché curioso di approfondire i segreti del cosmo: «nonostante le mie carenze mentali mi diverto ancora a imparare qualcosa di nuovo».
Figura 4. Jack durante un’intervista nel 2012.
Fino a una decina di anni fa, capitava sovente di vederlo arrivare al CERN in bicicletta o di incrociarlo in mensa, dove amava chiacchierare tanto con i colleghi più esperti quanto con i giovani fisici. Tutti noi che lavoriamo al CERN sentiremo molto la sua mancanza.
Si è spento lo scorso inverno, il 12 dicembre 2020, serenamente nella sua casa nei pressi di Ginevra a 99 anni. Ci ha svelato molti segreti del Modello Standard, ha sempre utilizzato rivelatori e tecnologie di avanguardia, e ha dato un contributo inestimabile alla fisica sperimentale delle alte energie.
Vogliamo anche ricordare il suo impegno al di fuori dei laboratori di ricerca, in particolare sul tema dei cambiamenti climatici. Nel 2015 fu infatti tra gli scienziati che sottoscrisse la Dichiarazione di Mainau. Lasciamo in chiusura il link proprio a un suo intervento sul futuro del nostro pianeta: https://www.mediatheque.lindau-nobel.org/videos/31377/what-future-for-energy-and-climate-2008/laureate-steinberger
Figura 5. J. Steinberger nei corridoi del CERN nel 2016
Fonti delle immagini
Copertina. Mediateca Lindau Nobel Laureate Meetings https://mediatheque.lindau-nobel.org/laureates/steinberger/cv
Figura 1. CERN
Figura 2. Brookhaven National Laboratory
Figura 3. Sophia Elizabeth Bennett, CERN 2016
Figura 4. Maximilien Brice, CERN 2012
Figura 5. Prof. Giulio D'Agostini, 2016