Spesso l'analisi dimensionale viene presentata come una pratica noiosa e poco utile, un semplice esercizio algebrico. Ma è davvero cosi?
Attorno al 1800 nasceva il primo serio dibattito sulla necessità di standardizzare i sistemi di misura usati nelle diverse nazioni. Sebbene oggi ci possa risultare sorprendente, fu in questo periodo che per la prima volta si cominciò a comprendere pienamente che le leggi naturali non possono dipendere dalle unità di misura usate nei calcoli numerici. Tra i contributi più importanti in questa direzione c'è sicuramente quello di Joseph Fourier, il quale mostrò come, modificando le unita di misura di una data quantità fisica, il suo valore numerico cambi seguendo una certa potenza, o "dimensione". È da questa osservazione che deriva il termine analisi "dimensionale". Fu però Lord Rayleigh il primo ad accorgersi che, se condotta con un pizzico di logica ed intuito fisico, l'analisi dimensionale può diventare un vero e proprio strumento per la deduzione scientica. Dopo di lui, questa pratica è passata da semplice verica dell'auto-consistenza di un calcolo numerico ad ingrediente sempre più centrale.
In questo percorso divulgativo mostreremo l'inaspettato potere dell'analisi dimensionale enfatizzato da Rayleigh, ovvero mostreremo come è possibile "pensare" con l'analisi dimensionale. Applicheremo questo strumento a vari ambiti della fisica, dalla meccanica classica alla termodinamica, dalla gravità alla meccanica quantistica. Dopo aver familiarizzato con il concetto utilizzando un semplice esempio, mostreremo come l'analisi dimensionale ci permette di semplicare significativamente lo studio di sistemi più complessi. Il suo utilizzo ci mette nelle condizioni di identicare in un batter d'occhio la forma qualitativa di espressioni altrimenti troppo complicate da ricavare in poche righe, o addirittura di ottenere la soluzione di problemi che non sappiamo nemmeno come affrontare analiticamente. Momenti chiave della storia della fisica, in cui menti geniali hanno aperto le porte su nuovi territori sino ad allora inesplorati, sono riconducibili ad un'apparente violazione dell'analisi dimensionale. Forse oggi ci troviamo a vivere uno di questi straordinari e rari momenti storici, come illustrato da una breve introduzione ad alcuni dei problemi centrali della fisica moderna.
percorso di Luca Vecchi
Se un'auto viaggia a 80 km/h, quanto tempo impiega a percorrere 30 km? Devo moltiplicare o dividere queste due quantità? Se vi trovate di fronte ad un dubbio simile, l'analisi dimensionale vi toglie dall'imbarazzo: l'unico modo per combinare i nostri dati ed ottenere un numero con unità di misura del tempo è il rapporto tra spazio e velocità: 30 km/(80 km/h)=3/8 h. Questa è la risposta giusta. Le leggi della fisica sono esprimibili con uguaglianze matematiche. Le quantità che compaiono in entrambi i lati di tali uguaglianze devono essere dello stesso tipo. In altri termini, le leggi della fisica sono identità tra quantità omogenee dal punto di vista dimensionale e devono quindi essere compatibili con l'analisi dimensionale. Ciò che rende questa osservazione utile è che l'analisi dimensionale deve essere soddisfatta anche se non conosciamo (o non ci ricordiamo...) le leggi della fisica! In innumerevoli occasioni questo fatto ci permette di arrivare a dedurre la risposta corretta senza conoscere i principi primi o avere le capacità analitiche necessarie.
Copertina dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica, il trattato monumentale in cui Isaac Newton ha presentato straordinari risultati tra cui le leggi della dinamica e della gravitazione. Da diversi storici è considerata l'opera letteraria più importante dell'era moderna.
Vediamo di chiarire come funziona in un esempio più articolato del precedente. Diciamo che un proiettile viene lanciato dalla superficie terrestre verso l'alto con una certa velocità. Dopo il lancio il proiettile è soggetto alla sola forza di gravità. A che altezza massima \(h_{max}\) potrà arrivare se l'attrito dell'aria viene trascurato? In questo problema abbiamo come dati una massa, una velocità e l'accelerazione di gravità. Come mostrato in dettaglio nel riquadro, esiste una sola combinazione di questi parametri con le unità di misura di una distanza. La nostra altezza \(h_{max}\) deve necessariamente essere espressa come un multiplo di questa particolare combinazione (anche se la velocità iniziale non fosse esattamente verticale!). Che multiplo di questa distanza "base" l'analisi dimensionale non può dircelo. Se proprio vogliamo saperlo dobbiamo fare il conto esatto, ma se ci accontentiamo di conoscere la dipendenza di \(h_{max}\) dai parametri fondamentali della teoria, ovvero la cosiddetta dipendenza parametrica, ci possiamo accontentare del risultato dell'analisi dimensionale.
In questo problema abbiamo come dati la massa m del proiettile, la sua velocità iniziale v e l'accelerazione gravitazionale g. Come anticipato, esiste una sola combinazione di m, v, g che rappresenta una distanza. Per arrivare a questo risultato per prima cosa esprimiamo le unità di misura dei nostri parametri m, v, g, operazione che indichiamo con delle parentesi quadrate, in funzione di un'unità standard di massa M, lunghezza L e di tempo T, proprio come fece Maxwell nel suo fondamentale lavoro sull'elettromagnetismo: [m]=[M], [v]=[L/T], [g]=[L/T2]. La soluzione dell'esercizio richiede di trovare un'altezza, cioè una quantità con unità L. La massa non può comparire in essa perché porta con sé potenze di M che non possono essere compensate in nessun modo da v, g. Inoltre, per non contenere potenze di T possiamo combinare v e g solo nel modo v2/g. Quindi l'altezza massima \(h_{max}\) a cui arriva il proiettile sarà inevitabilmente \[h_{max}=a \frac{v^2}{g}\] dove a è un numero puro, senza unità, ovvero adimensionale. L'analisi dimensionale non può dirci cosa questo numero sia, ma solo che deve essere un numero puro. Risolvendo le equazioni di Newton troviamo a=1/2. Un ragionamento completamente analogo vi permette di risolvere altri piccoli dubbi. La forza centripeta è associata ad un corpo che si muove con velocità v lungo un cerchio di raggio R, e l'unica espressione ammissibile è \(F=a mv^2/R\) (a=1). Ancora, data una molla con costante elastica k (cioè una forza diviso una distanza), il periodo di oscillazione di una massa m ad essa appesa non può che essere \(\Delta t=a\sqrt{m/k} ~~(a=2\pi)\). E cosi via. |
Il nostro esempio ci insegna diverse cose. La prima è sicuramente che se vogliamo risolvere esattamente un problema non basta l'analisi dimensionale, dobbiamo conoscere le leggi della fisica! Ciononostante, l'analisi dimensionale vincola così fortemente le variabili in gioco da essere in grado di spingerci molto lontano con quasi nessuna fatica. Ad esempio, nel riquadro siamo riusciti a concludere che la massa non può entrare nell'espressione di \(h_{max}\) utilizzando solo considerazioni dimensionali. Ma ora dedichiamoci a qualche problema più complesso...
FONTE DELLE IMMAGINI
Figura 1. Nobel Foundation archive