percorso di Luca Vecchi
Il moto di un pianeta attorno ad una stella fu studiato brillantemente da Keplero agli inizi del 1600 e successivamente da Newton. In questa sezione siamo interessati a dedurre alcune delle proprietà principali del moto senza entrare nei dettagli. Affronteremo la questione in maniera molto diversa da questi due geni del passato.
Siamo interessati a stimare le caratteristiche principali dell'orbita del pianeta, come ad esempio la sua distanza media dalla stella. Come nell'esercizio del proiettile, invochiamo l'analisi dimensionale per vincolare la forma parametrica della soluzione esatta. Questo lo possiamo fare anche quando (come qui...) tale soluzione non l'abbiamo esplicitamente calcolata. I dettagli del calcolo sono presentati nel riquadro. Qui nel testo ci limitiamo a notare che l'analisi dimensionale mostra che nel nostro problema esiste una sola quantità che può essere identificata come la dimensione caratteristica dell'orbita, dell'energia di legame e del periodo di evoluzione. E tali espressioni sono esattamente quelle che troveremmo se risolvessimo le equazioni di Newton, a meno di numeri adimensionali (analoghi ad a nell'esercizio precedente)! Niente male come risultato, eh?!
Ovviamente lo sforzo straordinario di Keplero, che per primo portò chiarezza sui dati sperimentali, o quello di Newton il quale identificò le leggi che governano la dinamica dei corpi celesti, non fu vano... l'analisi dimensionale non ci riesce a portare, giusto per dire, alle tre leggi di Keplero. Non può dirci che il parametro \(a_2\) (introdotto nel riquadro) determina se l'orbita è un ellisse o un cerchio; anche la seconda e la terza legge non riusciamo a dimostrarle, malgrado possiamo velocemente verificare che siano perfettamente compatibili con l'analisi dimensionale. Tuttavia, in molti casi pratici un fisico si accontenta di avere una chiara idea della dipendenza parametrica dei vari osservabili fisici. Per questo l'analisi dimensionale è uno strumento utilissimo. Ad esempio, se ci interessa sapere come cambia l'orbita se aumentiamo o diminuiamo la massa della stella o la velocità del pianeta non abbiamo bisogno di scomodare Keplero o Newton, l'analisi dimensionale ci conduce alla risposta corretta in pochi secondi.
Ritratto di Johannes Kepler. Egli riuscì a dedurre le sue tre leggi studiando attentamente dati sperimentali sul moto dei corpi celesti. Una comprensione più profonda dei suoi risultati fu sviluppata anni dopo grazie alla legge della gravitazione universale di Newton.
Consideriamo più in dettaglio il problema. Un pianeta di massa m viene catturato dal campo gravitazionale U(r) generato da una stella di massa \(m_*\). Il potenziale gravitazionale è quello insegnatoci da Newton: \[U(r)=-\frac{\alpha}{r},\] dove \(\alpha=G_N mm_*\), con \(G_N\) la costante di gravitazione, e r è la distanza tra il pianeta e la stella. Quali sono i parametri di questo problema? Approssimiamo la soluzione del nostro esercizio prendendo la stella infinitamente più massiva del pianeta tale da poterne ignorare il moto. L'energia del pianeta è \(E=K(v)+U(r)\), con \(K(v)=mv^2/2\) la sua energia cinetica e v il modulo della sua velocità. Immaginiamo ora di aver risolto le equazioni di Newton che governano il moto. In particolare, supponiamo di aver trovato i vettori velocità e posizione del pianeta. Da cosa dipenderanno tali funzioni? Nella nostra analisi è più naturale descrivere l'evoluzione come funzione di appropriati angoli \(\theta\), invece che del tempo. Quindi le espressioni che abbiamo immaginato di trovare possono al più dipendere da \(\theta\), m, \(\alpha\), e le costanti del moto disponibili in questo caso, cioè l'energia E e il momento angolare J. Non abbiamo altre quantità indipendenti che determinano la dinamica. In realtà nemmeno quelle che abbiamo elencato sono tutte indipendenti tra loro. Ad esempio possiamo esprimere E in funzione delle altre. Infatti, anche senza sapere l'espressione esatta dei vettori posizione e velocità, intuiamo che se li sostituissimo nell'equazione \(E=K(v)+U(r)\) potremmo invertire quest'ultima relazione ed esprimere l'energia stessa come funzione di \(\theta\), m, \(\alpha\), J. Queste quattro sono le sole variabili indipendenti. I vettori posizione e velocità del pianeta, l'energia, il periodo di orbita, ecc., sono tutti esprimibili in funzione di essi. Finite queste considerazioni preliminari esprimiamo, come nello studio del proiettile, i nostri parametri \(\theta\), m, \(\alpha\), J in unità di M, L, T: [\(\theta\)]=[1], [m]=[M], [\(\alpha\)]=[\(ML^3/T^2\)], [J]=[\(ML^2/T\)]. Per stimare le dimensioni dell'orbita seguiamo Lord Rayleigh e ci chiediamo come ottenere una lunghezza facendo una combinazione dei nostri parametri del tipo \(\theta^{n_1}m^{n_2}\alpha^{n_3}J^{n_4},\) dove \(n_1,~n_2,~n_3,~n_4\) sono potenze da determinare. La richiesta che la nostra espressione non abbia potenze di M implica che \(n_2+n_3+n_4=0\). In maniera analoga vediamo che l'assenza di potenze di T richiede che \(-2n_3-n_4=0\). Infine la richiesta che la nostra combinazione abbia unità L diventa \(3n_3+2n_4=1\). La soluzione di questo sistema di equazioni è \(n_2=-1, ~n_3=-1, ~n_4=2\). Il valore \(n_1\) non è vincolato perché \(\theta\) è adimensionale e può comparire in ogni potenza, ovvero in un'arbitraria funzione. Abbiamo cosi dimostrato che esiste una sola combinazione dei nostri parametri indipendenti che ha le dimensioni di una lunghezza: \(r(\theta)=a_1(\theta) \frac{J^2}{\alpha m}\) La funzione adimensionale \(a_1(\theta)\) non è vincolata dall'analisi dimensionale. In generale può dipendere dalle altre variabili adimensionali, che qui sono solamente gli angoli \(\theta\). Nello stesso modo possiamo costruire un'espressione per l'energia. Anche in questo caso la combinazione è unica: \(E=a_2 \frac{\alpha^2m}{J^2}.\) A differenza del raggio dell'orbita, \(a_2\) deve però essere una costante, ovvero un numero puro, perché sia E che J sono costanti del moto. Uno stato legato si forma solo se la sua energia è minore di quella che avrebbero i costituenti se fossero separati. Nel nostro caso questa condizione è verificata se E<0. Quindi possiamo dedurre che \(a_2<0\). Ma per il resto, questo rimane un numero completamente indeterminato dal nostro argomento. E il periodo \(\Delta t\) dell'orbita? Seguendo lo stesso procedimento usato sopra deduciamo che \(\Delta t=a_3 \frac{J^3}{\alpha^2 m}.\) Siccome il moto è periodico, \(\Delta t\) è costante e di conseguenza \(a_3\) è un numero puro positivo. La dipendenza parametrica dell'energia di legame, del raggio e del periodo dell'orbita è completamente dettata dall'analisi dimensionale. La risoluzione del problema si è ridotta al calcolo di \(a_1(\theta), a_2, a_3!\) |
L'analisi dimensionale è molto utile in problemi complessi perché vincola la dipendenza delle quantità che ci interessano dai parametri fondamentali, la quale può contenere a sua volta una moltitudine di informazioni utili. Nell'esercizio che abbiamo appena presentato, ad esempio, si può vedere che l'assenza del momento angolare (J) impedisce di ricavare un valore non banale per il raggio dell'orbita, ricordandoci così che J è necessario per l'equilibrio delle orbite dei pianeti. Un'altra lezione importante che verificheremo a più riprese in questo percorso è che grazie all'analisi dimensionale la fisica si riduce alla sola determinazione di funzioni adimensionali dei parametri adimensionali del problema: le leggi della Natura non dipendono dalle unità di misura.