di Massimo Badiali

Cinque miliardi di anni fa, l’universo aveva già una decina di miliardi di anni di vita.

Era già strutturato in miliardi di Galassie e la sua composizione era cambiata rispetto a quella primordiale, i cui soli elementi erano l’idrogeno e l’elio icona_linkesterno.

Questo perché all’interno delle Galassie le gigantesche stelle di prima generazione avevano rapidamente concluso il loro ciclo vitale ed erano esplose dopo aver formato elementi più pesanti.

Con l’esplosione esse avevano completato la nucleosintesi fino agli elementi transuranici e, proiettando buona parte della propria materia nello spazio circostante, avevano arricchito la composizione chimica del gas interstellare.

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 L’universo popolato di Galassie, visto da Hubble Space Telescope.
Credit: NASA, ESA, GOODS Team, M. Giavalisco (STScI)

Questo processo non si era arrestato alla prima generazione di stelle. Quelle di grande massa continuavano a vivere e a morire in spettacolari esplosioni di supernova e l’universo si arricchiva di elementi pesanti. La nostra Via Lattea, come pure le altre Galassie, aveva già assunto, grazie alla concentrazione gravitazionale, l’aspetto lenticolare simile a quello attuale. La maggior parte della sua materia era concentrata su un disco, o meglio, su una spirale appiattita. In particolare, come le altre galassie a spirale, aveva il bulbo centrale rigonfio, splendente di stelle antiche, mentre i bracci di spirale, densi di stelle vecchie e giovani, erano ricchi di “materia prima” ancora utilizzabile per la nucleosintesi: gas interstellare, già arricchito con gli elementi forniti da antiche e recenti esplosioni stellari, opaco o splendente a seconda della sua densità e temperatura.

Lungo queste spirali, il gas continuava a concentrarsi grazie alla gravità, e ciò permetteva la formazione di nuove stelle, per collasso gravitazionale locale di qualche nube più densa.

Così, in quell’epoca, in una regione del disco situata nel cosiddetto Braccio Spirale Locale (che oggi comprende le Pleiadi e la Nebulosa di Orione) a 25000 anni-luce dal Nucleo Galattico (più o meno a metà della distanza tra il centro e la periferia della Galassia) c’era una nube di gas dal diametro di qualche anno-luce.

La nube era un pò più densa del gas circostante, e probabilmente aveva cominciato da tempo il lento processo di concentrazione gravitazionale.

È molto probabile che anche non lontano da qui, come in tanti altri punti della Galassia, ci sia stata una supergigante rossa (ultimo stadio evolutivo di una stella massiccia) che è esplosa col duplice risultato: di aggiungere altri elementi pesanti allo spazio circostante e di comprimere con la spinta dell’esplosione la nube di gas, accelerandone il collasso gravitazionale.

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La nebulosa “Testa di fantasma”, regione in fase di collasso gravitazionale con intensa formazione stellare, nella Grande Nube di Magellano. Credit: Mohammad Heydari-Malayeri (Observatoire de Paris) et al., ESA, NASA

Come tutti gli oggetti celesti, questa nube non era immobile rispetto al resto dell’universo. Le sue varie parti presentavano moti più o meno vorticosi governati essenzialmente dalla gravità locale e dalla pressione interna, legata alla temperatura, che dai valori iniziali pressoché nulli era cresciuta con l’aumentare della densità. Nel suo insieme, la nube presentava un certo moto rotatorio rispetto ai corpi esterni. Cadendo su se stessa attorno al suo centro di gravità e riducendo il proprio volume, questo movimento rotatorio dominante diveniva sempre più percettibile rispetto ai singoli moti locali e sempre più rapido, fino a causare l’appiattimento della nube su un disco rotante, con un corpo centrale sempre più pesante per l’afflusso continuo di materia.