percorso di Francesco Vissani
Nel periodo dal 1908 al 1913, Geiger e Marsden, che operavano per conto di un brillante allievo di Thomson, Rutherford, si presero la briga di investigare la struttura dell’atomo usando i mezzi a disposizione della fisica sperimentale. Lo fecero lanciando su una sottile lamina d’oro dei proiettili piccoli e molto più pesanti degli elettroni, scoperti proprio da Rutherford e detti raggi \(\alpha\) . Oggi sappiamo che tali raggi sono nuclei di atomi elio a cui sono stati strappati via gli elettroni; all’epoca si conoscevano solo le loro caratteristiche.
I due scienziati si accorsero con gran sorpresa che, in una piccola frazione dei casi, questi proiettili venivano rilanciati all’indietro, come se l’atomo contenesse qualcosa di compatto, duro e pesante. Rutherford ci ragionò sopra e nel 1911 arrivò alla conclusione che il modello di Thomson, che andava per la maggiore, fosse incompatibile con le osservazioni dei suoi due collaboratori. Piuttosto, quei risultati potevano essere spiegati postulando che l’atomo possedesse un nucleo ben distinto dagli elettroni, molto più pesante di essi e, cosa curiosa, davvero piccolissimo. In prima approssimazione, esso si comportava come una carica elettrica positiva puntiforme.
Rutherford stimò che il nucleo dell’atomo di oro fosse più piccolo di un milionesimo di milionesimo di centimetro, ovvero di 10-12 cm limite che, peraltro, risulta piuttosto vicino a quello delle moderne misure del nucleo stesso.
Siccome questo valore è diecimila volte più piccolo di un tipico atomo, le dimensioni degli atomi non vanno attribuite al nucleo (che pure contiene il grosso della massa), ma alla distribuzione degli elettroni attorno ad esso disposti. Rutherford propugnò l’idea che l’atomo fosse una specie di piccolo sistema planetario, dove gli elettroni si comportano come satelliti che ruotano velocemente intorno al nucleo, che se ne resta tranquillo e pesante al centro: ovvero, il cosiddetto modello planetario dell’atomo. Il lavoro vide la luce nel 1911, nuovamente sulle pagine del Philosophical Magazine.