percorso di Francesco Vissani
Per concludere questa introduzione, ci servirà un breve sommario delle acquisizioni scientifiche precedenti agli anni di interesse. Inizierei ricordando che quelle curiose manifestazioni che si notano quando si strofina un pezzo di ambra - elektron, in greco - tipo il fatto che vengono attirati oggetti leggeri. Esse erano note già ai tempi di Talete, nato il 640 a.C. e generalmente considerato l’iniziatore della filosofia e della matematica greca.
Però lo studio di quello che oggi chiamiamo “elettricità” è senza dubbio una prerogativa dei tempi moderni. Arriviamo allora al 1600 e tra i pionieri annotiamo von Guerricke e il suo generatore elettrostatico; Franklin, le sue investigazioni sui fulmini e l’invenzione del parafulmine; Volta, le sue scoperte sulla conduzione elettrica e la prima pila elettrica; Galvani e gli effetti sugli esseri viventi dell’elettricità. Già da allora si distinguevano elettricità vetrosa e resinosa - in termini moderni, elettricità positiva e negativa - e si parlava di ‘conservazione della carica elettrica’.
L’ipotesi atomica (che era già stata formulata da lungo tempo) portava ad interrogarsi su quali collegamenti ci fossero tra i fenomeni elettrici ed il concetto di atomo. Esaminiamo ora in che modo si elaborò questa connessione. L’idea di un atomo di natura elettrica fu avanzata su base speculativa dal filosofo inglese Laming, ma fu il fisico Stoney colui che la consolidò in modo definitivo, mentre tentava di spiegare le leggi dell’elettrolisi scoperte da Faraday. L’unità funzionale dell’elettrolisi fu chiamata da Stoney electrine poi electrolion, electrion ed infine electron.
Un lettore moderno riconosce immediatamente il successo dell’ultima denominazione, che usiamo ancora per indicare una delle parti dell’atomo, l’elettrone. Vennero scartate altre denominazioni, tipo l’atomo di elettricità di von Helmholtz, per riservare la parola ‘‘atomo’’ all’unità funzionale dei processi chimici. Infatti, quel concetto e quella parola erano già stati adottati dai chimici, e sarebbe stato troppo penoso derogare da un uso ormai invalso. Questo comportò un allontanamento dal significato greco della parola atomo, che come è ben noto significa ‘senza parti’, ovvero ‘indivisibile’.
Ma non bisogna fermarsi alle questioni nominalistiche. Infatti, la scoperta vera e propria dell’elettrone avvenne grazie allo studio dei raggi emessi da un elettrodo negativo o catodo, detti infatti raggi catodici. Essi furono osservati per la prima volta dal chimico e fisico Hittorf nel 1869 e vennero in seguito studiati da von Lenard (premio Nobel in fisica nel 1905 per il suo lavoro sui raggi catodici). Chiariamo il punto: gli elettroni che costituiscono i raggi catodici sono separati dagli atomi, mentre quelli coinvolti nell’elettrolisi sono invece legati agli atomi - insieme, formano gli ioni negativi di cui ragionava Stoney.
E con questo, siamo finalmente giunti all’inizio della storia che ci interessa.