di Antonio Ereditato
Fermi supportò subito l'ipotesi di Pauli, inquadrandola in una teoria delle Interazioni Deboli che ancora oggi è in grado di spiegare molti dei risultati sperimentali. Fermi cambiò anche nome alla particella, battezzandola NEUTRINO, facendo riferimento alla piccolezza della sua massa.
"Tentativo Di Una Teoria Dei Raggi beta"
Enrico Fermi (1934)
Sunto - Si propone una teoria quantitativa dell'emissione dei raggi beta, in cui si ammette l'esistenza del neutrino; vi si tratta inoltre l'emissione degli elettroni e dei neutrini da un nucleo all'atto della disintegrazione beta con un procedimento simile a quello seguito nella teoria dell'irradiazione per descrivere l'emissione di un quanto di luce da un atomo eccitato. Vengono poi dedotte delle formule per la vita media e per la forma dello spettro continuo dei raggi beta, e queste vengono infine confrontate con i dati sperimentali.
Ipotesi Fondamentale della teoria
§1: " nel tentativo di costruire una teoria degli elettroni nucleari e dell'emissione dei raggi beta si incontrano, come è noto, due difficoltà principali. La prima dipende dal fatto che i raggi beta primari vengono emessi dai nuclei con una distribuzione continua di velocità. Se non si vuole abbandonare il principio della conservazione dell'energia, è necessario ammettere che una frazione dell'energia che si libera nel processo di disintegrazione beta sfugga alle nostre attuali possibilità di osservazione. Secondo la proposta di Pauli è possibile, ad esempio, ammettere l'esistenza di una nuova particella, il così detto neutrino, avente carica elettrica nulla e massa dell'ordine di grandezza di quella dell'elettrone, o minore. Si ammette poi che in ogni processo beta vengano emessi simultaneamente un elettrone, che si osserva come raggio beta, e un neutrino, che sfugge all'osservazione portando seco una parte dell'energia. Nella presente teoria ci baseremo sopra l'ipotesi del neutrino. Una seconda difficoltà, per la teoria degli elettroni nucleari, deriva dal fatto che le attuali teorie relativistiche delle particelle leggere (elettroni o neutrini) non danno una soddisfacente spiegazione della possibilità che tali particelle vengano legate in orbite di dimensioni nucleari".