percorso a cura di Piero Patteri
Alla fine del 1945 il coinvolgimento nei programmi militari era finito e Fermi lasciò Los Alamos per tornare a Chicago. Il suo articolo del 1932 sulle interazioni deboli costituiva uno degli fondamenti teorici della nascente fisica subnucleare. Fermi aveva esteso lo schema concettuale dell'interazione elettromagnetica, che avviene attraverso lo scambio di un mediatore, che è in quel caso il fotone, ad ogni tipo di interazione, che è quindi caratterizzate dalle modalità e dal tipo di mediatore scambiato. Mentre la struttura della materia che ci circonda, atomi e nuclei, era stata sostanzialmente compresa negli anni precedenti, rimanevano irrisolti due problemi: la misteriosa natura dei raggi cosmici, che non erano soltanto i fotoni e sciami di alta energia visti durante le prime ricerche dell'antimateria, e l'origine della forza di legame tra i protoni all'interno del nucleo, capace di prevalere sulla repulsione elettrostatica.
Nei raggi cosmici erano state individuate delle particelle molto penetranti, con una massa intermedia tra l'elettrone e il protone. Una particella di questo tipo era stata ipotizzata da Yukava quale mediatore dell'interazione forte tra i protoni e neutroni nel nucleo quindi probabilmente i due problemi non erano disgiunti. Gli studi con i raggi cosmici e le particelle accelerate nei primi grandi acceleratori cercavano risposte alla stessa domanda: come si presenta la natura a livello subnucleare?
A Fermi sembrava che nonostante il suo tremendo successo, o forse proprio per questo, la fisica nucleare avrebbe presto raggiunto lo stato di maturità e sarebbe diventata meno interessante per lui. Ricordava il passaggio dalla fisica atomica a quella nucleare circa quindici anni prima, e citava, con un sorriso ironico, lo slogan di Mussolini che i fascisti scrivevano sui muri delle case: "O rinnovarsi o perire" Emilio Segré, in 'Fermi' 1971 |