a cura di Anna Maragno
«Moderno come la nostra stessa epoca elettrica»1
Orologi elettrostatici, elettrici, elettronici e digitali
Concentreremo ora la nostra attenzione sugli orologi elettrici, una rivoluzione del XIX secolo che, lentamente ma inesorabilmente, scardinò il predominio degli orologi meccanici. Accenneremo anche agli orologi elettronici e digitali, divenuti a noi molto familiari a partire da pochi decenni fa.
Figura 1. Un orologio elettrico costruito da Alexander Bain tra il 1840 e il 1877 (Science Museum Group Collection, Regno Unito).
Credits: Aimer, M.C., Science Museum Group. Electric clock of the Bain type. 1987-213 Science Museum Group Collection Online. Accessed November 1, 2021.
https://collection.sciencemuseumgroup.org.uk/objects/co57/electric-clock-of-the-bain-type.
Orologi elettrostatici
Nel mese di settembre abbiamo considerato gli orologi meccanici, la cui molla presente nell’ingranaggio deve essere periodicamente caricata affinché possano misurare il tempo con esattezza. Gli orologi elettrici, invece, sono così chiamati in quanto il loro funzionamento è basato sull’energia elettrica. Tra questi, i primi ad essere ideati e costruiti furono gli orologi elettrostatici, la cui alimentazione era garantita da una pila a secco di alto voltaggio e di lunga durata. La scelta delle pile a secco era motivata dal fatto che, in quel periodo, si era notato che gli acidi in queste contenuti non provocavano corrosioni ai materiali di cui era composto l’orologio.
Francis Ronalds (1788-1873) costruì un primo orologio elettrostatico sufficientemente affidabile nel 1815; nello stesso anno, il religioso veronese Giuseppe Zamboni (1776-1846) realizzò un analogo strumento di piccole dimensioni, alimentato da una pila a secco da lui stesso fabbricata. Quest’ultima non poteva definirsi del tutto affidabile, poiché era suscettibile alle variazioni di umidità e di temperatura dell’aria. Ciononostante, grazie al lavoro di Zamboni e dei suoi collaboratori, si pervenne ad un modello di orologio elettrostatico di elevata efficienza che poteva funzionare, con un’unica pila, per molti anni. Per questo motivo fu anche battezzato, all’epoca, orologio perpetuo (Figura 2). Lo strumento è costituito da un pendolo centrale, in materiale conduttore, posto tra due pile a secco (le “colonne”) alla cui sommità si trovano due elettrodi con opposte polarità. Quando l’estremità superiore del pendolo, posta in oscillazione, tocca un elettrodo, parte della carica su quest’ultimo è trasferita sulla prima. A questo punto, poiché cariche della stessa polarità si respingono, il pendolo si allontana, approssimandosi verso l’altro elettrodo, con carica opposta, dove il processo si ripete. Sebbene l’amperaggio delle correnti originate dalle due pile fosse molto basso, queste ultime avevano lunghissima durata e consentivano all’orologio di funzionare per molti anni. L’orologio perpetuo di Zamboni conservato ai Musei Civici di Modena, ad esempio, avviato nel 1839, misurò il tempo per quasi un secolo. Ma questo orologio non può definirsi del tutto “perpetuo”. A causa dell’attrito e dello scaricamento delle pile, infatti, il movimento del pendolo divenne sempre più lento: nel 1932 l’orologio funzionava ancora, ma le oscillazioni al minuto, che al principio erano 95, erano diminuite a 46. Dopo alcuni mesi di risposo, le pile tornarono in funzione, riportando le oscillazioni a 60 al minuto.
Figura 2. Orologio elettrostatico, detto anche orologio perpetuo, progettato da Giuseppe Zamboni e costruito da Carlo Streizig, databile agli anni 1817 - 1818. Il piano è in legno e ottone: su quest’ultimo sono appoggiati l’orologio e, ai lati, le due pile. L’orologio è oggi conservato presso i Musei Civici di Modena.
Credits: Carlo Vannini/Museo Civico di Modena, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, via Wikimedia Commons
https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Carlo_Streizig,_Orologio_perpetuo,_1817-1818_ca,_Museo_Civico_di_Modena.jpg
Orologi elettrici
Nel 1840, Alexander Bain (1810-1877) brevettò il primo orologio elettrico, alimentato da corrente elettrica prodotta in un circuito elettromagnetico. L’orologio era costituito da un pendolo azionato da una molla e da una batteria, i cui due elettrodi erano posti a terra e infilati in un terreno bagnato. La batteria, inserita nel circuito elettromagnetico, generava la corrente elettrica necessaria per porre in oscillazione il pendolo, il quale, a sua volta, metteva in funzione gli ingranaggi. Tale orologio poteva essere collegato, per mezzo di cavi elettrici, ad altri orologi, trasmettendo a questi ultimi, a distanza, l’ora corretta. Negli stessi anni, altri studiosi stavano pervenendo, in modo indipendente, agli stessi risultati. Singolare fu la vicenda legata a Charles Wheatstone (1802-1875). Il celebre fisico, dopo aver osservato i modelli di Bain e averli giudicati oggetti senza possibili impieghi futuri, costruì egli stesso un orologio elettrico e lo presentò alla Royal Society, reclamando l’invenzione come propria. Tuttavia, Bain aveva già brevettato il proprio orologio elettrico e i tentativi di Wheatstone di bloccare le procedure fallirono.
Seguirono decenni di sperimentazione: solo a partire dal 1890, quando l’energia elettrica divenne disponibile su larga scala, gli orologi elettrici iniziarono ad essere diffusi sul mercato. Si dovette attendere fino al 1906 per il primo orologio elettrico dotato di una batteria interna.
Nel decennio successivo si introdussero orologi elettrici dotati di motore sincrono, ossia funzionanti sulla base di circuiti a corrente alternata. In questi modelli, denominati orologi elettrici sincroni, la frequenza era stabilita dalla stessa corrente alternata e non più da oscillatori o da bilancieri. Tale innovazione portò al rapido successo di orologi elettrici ad uso domestico.
I primi orologi da polso elettrici apparvero in commercio a metà del XX secolo e conobbero presto grande popolarità. Divennero, quindi, gli orologi più conosciuti, a scapito di quelli meccanici.
Orologi elettronici e digitali
Nel 1960 furono creati i primi orologi elettronici, nei quali un circuito elettrico dotato di componenti elettronici sostituiva del tutto gli ingranaggi dei precedenti orologi.
Negli anni Settanta del XX secolo, grazie alla loro convenienza economica, si affermarono gli orologi digitali, dispositivi elettronici con un display a lettura diretta delle cifre.
Figura 3. Esempio di orologio digitale.
Note
1. «Modern as our electric age itself»: con queste parole si conclude il testo di un foglio pubblicitario per un modello di orologio elettrico da tavolo della ditta “General Electric”, databile verosimilmente al 1931 (https://i.pinimg.com/originals/53/97/58/539758358e401a49d1de963f4d732cec.jpg).
Bibliografia
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Mantovani, R., Clockmakers, makers and collectors of scientific instruments in Verona in the first half of the 19th Century, in Campanile, B., De Frenza, L., Garuccio, A. (a cura di), Atti del XXXVII Convegno Annuale della Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’Astronomia, Bari, 26-29 settembre 2017, Pavia University Press, Pavia, 2019, pp. 123-134
Ronalds, B. F., Remembering the first battery-operated clock, in «Antiquarian Horological Society» 36, fasc. 2 (2015), pp. 244-248
Ronalds, B. F., Sir Francis Ronalds. Father of the Electric Telegraph, Imperial College Press, London, 2016
Weaver, J. D., Electrical & Electronic Clocks & Watches, Newnes Technical Books, Oxford, Boston, 1982
Bain, A., A Short History of the Electric Clocks, with Explanations of Their Principles and Mechanism, and Instructions for Their Management and Regulation, Chapman and Hall, London, 1852