a cura di Anna Maragno
«Il tempo è atomico»1
Orologi al quarzo e orologi atomici
Giungiamo, ora, ai più recenti e ai più precisi tra gli strumenti di misurazione del tempo: gli orologi al quarzo e gli orologi atomici. Con un breve sguardo ai possibili sviluppi nel prossimo futuro si concluderà la nostra rassegna dedicata alle modalità con cui, attraverso i secoli, si è tentato di quantificare lo scorrere del tempo. L’ultima tappa (nel mese di dicembre) sarà, invece, riservata ad uno strumento che facilita la misurazione del tempo in ambito musicale.
Figura 1. Il primo orologio atomico al cesio (133Cs) sufficientemente preciso, costruito nel 1955 presso l’UK National Physical Laboratory da L. Essen e J. V. L. Perry (ai lati dello strumento nella figura) e successivamente installato all’osservatorio di Greenwich, nel Regno Unito.
Gli orologi al quarzo
Questi orologi sono così chiamati perché misurano il tempo grazie alle oscillazioni di un cristallo di quarzo posto al loro interno. Più precisamente, il cristallo si trova nella parte fondamentale degli ingranaggi, costituita da un circuito elettronico (che, come si è detto nel mese di ottobre, deve il suo nome alla presenza di componenti elettronici). Una batteria assicura la differenza di potenziale necessaria a far scorrere corrente elettrica nel circuito; quest’ultima pone in oscillazione il cristallo, il quale vibra ad una frequenza costante (32.768 Hz). Il circuito conta il numero di tali oscillazioni e genera impulsi elettrici regolari (uno ogni secondo). Tale informazione è trasferita al motore elettrico dell’orologio che, muovendo alcune ruote dentate, sposta regolarmente le lancette. Anche se il cristallo di quarzo è in grado di oscillare ad una frequenza (come si è detto) costante, tale valore può, tuttavia, essere soggetto a fluttuazioni dovute ad influenze esterne, quali lievi variazioni di temperatura o di pressione oppure dovute alla presenza di particolari campi magnetici, all’attrito negli ingranaggi o ad imperfezioni della dentatura. L’orologio al quarzo, dunque, anche se molto preciso, può accumulare errori di misura (a volte pari ad alcuni secondi al mese).
Le origini degli orologi al quarzo risalgono ai primi del Novecento. Riassumiamo, in questa sede, i punti fondamentali. I fratelli Paul-Jacques (1856-1941) e Pierre Curie (1859-1906, Premio Nobel nel 1903) condussero importanti studi sulle proprietà elettriche del quarzo. Grazie a queste ricerche, nel 1923 Walter Guyton Cady (1874-1974) fu in grado di costruire un primo oscillatore al quarzo (ossia un circuito elettronico capace di fornire un segnale elettrico con una precisa frequenza grazie alla presenza di un cristallo di quarzo). Negli anni seguenti, gli oscillatori al quarzo situati presso il National Physical Laboratory nel Regno Unito e presso i Bell Telephone Laboratories negli Stati Uniti furono in grado di produrre, per la prima volta, alcuni precisi segnali temporali. Si pervenne successivamente, presso i Bell Telephone Laboratories, alla realizzazione del primo orologio al quarzo.
Nei trent’anni successivi, gli orologi al quarzo furono utilizzati quasi esclusivamente all’interno di laboratori scientifici. Il loro impiego ebbe ugualmente importanti ricadute sulla collettività: ad esempio, al National Bureau of Standards negli Stati Uniti erano usati per stabilire gli standard di tempo e di frequenza, anche a scopi militari e civili. Tuttavia, nel 1959 si decise di abbandonare tale percorso di ricerca in favore di possibili standard basati su oscillazioni atomiche. Negli anni ’60, l’impiego della tecnologia dei transistor a semiconduttore e dei circuiti integrati permise agli orologi al quarzo di divenire oggetti commerciali, di dimensioni contenute e alla portata di un vasto pubblico. Questi orologi conobbero grande successo soprattutto a partire dagli anni ’80, quando tecnologie sempre più sofisticate consentirono di eliminare alcune parti semoventi che necessitavano di una manutenzione periodica. Si producono oggi orologi al quarzo sempre più raffinati.
Figura 2. Orologio da polso al quarzo «Astron» prodotto da «Seiko» e lanciato sul mercato nel 1969. Il modello nell’immagine è conservato al Deutsches Uhrenmuseum, presso Furtwangen im Schwarzwald, in Germania.
Credits: Deutsches-uhrenmuseum, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons
https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/b/bd/Seiko_Astron.jpg
Orologi atomici
La massima precisione nella misurazione del tempo è raggiunta, ai nostri giorni, dagli orologi atomici. Alcune tecnologie, quali la rete Internet e il sistema GPS, si basano, infatti, su segnali ricevuti da questa tipologia di orologi. In estrema sintesi, il complesso funzionamento degli orologi atomici è basato sulla frequenza di risonanza di un atomo, ossia sulla frequenza associata alla radiazione emessa da un elettrone di quell’atomo durante il passaggio da un livello energetico ad un altro.
Un primo modello sperimentale di orologio atomico fu costruito nel 1949 presso il National Bureau of Standards negli Stati Uniti. Nel 1955, all’osservatorio di Greenwich (Regno Unito) fu installato un orologio atomico, più accurato e affidabile, basato sulle transizioni tra livelli energetici dell’atomo di cesio 133Cs, costruito presso l’UK National Physical Laboratory (Figura 1). L’attuale definizione di secondo, stabilita come unità di misura del tempo dal Sistema Internazionale di Unità di Misura (ne abbiamo parlato nel mese di febbraio), è stata determinata grazie all’impiego di orologi atomici. Ricordiamo, infatti, che il secondo è pari alla durata di 9.192.631.770 oscillazioni della radiazione emessa dall’atomo di 133Cs allo stato fondamentale imperturbato, nella transizione tra due determinati livelli iperfini. La frequenza di oscillazione di tale atomo si situa nella banda a microonde dello spettro elettromagnetico.
Sembra probabile una futura sostituzione del cesio con lo stronzio. L’oscillazione dello 87Sr corrisponde ad una frequenza molto più elevata rispetto a quella del 133Cs e collocabile nella banda ottica dello spettro elettromagnetico, in particolare nella zona che l’occhio umano distingue come colore rosso. Un orologio atomico ottico basato sullo 87Sr consentirebbe di raggiungere accuratezze elevate (con un errore inferiore ad 1 secondo in più di 200 milioni di anni), data la stabilità delle oscillazioni dei suoi atomi. Tuttavia, a causa della loro elevata complessità, tali orologi sperimentali non garantiscono ancora una perfetta affidabilità.
Note
1. Il tempo è atomico. Breve storia della misura del tempo è il titolo del saggio di D. Calonico e R. Oldani (Hoepli, 2013).
Bibliografia
Calonico, D., Oldani, R., Il tempo è atomico. Breve storia della misura del tempo, Hoepli, Milano, 2013
Essen, R., Two clocks that changed the world. The birth of atomic timekeeping, in «Antiquarian Horology» 34, fasc. 2 (2013), pp. 219-234
Malaspina, M., Quanto dura un secondo?, pubblicato online il 26/05/2016 in «Media INAF. Il notiziario online dell’Istituto nazionale di astrofisica», consultabile al link https://www.media.inaf.it/2016/05/26/tempo-atomico-clock-ottico/
Marrison, W. A., The Evolution of the Quartz Crystal Clock, in «The Bell System Technical Journal» 27 (1948), pp. 510-588
Mondschein, K., On Time. A History of Western Timekeeping, John Hopkins University Press, Baltimore, 2020
Sullivan, D. B., Time and Frequency Measurement at NIST: The First 100 Years, in Proceedings of the 2001 IEEE International Frequency Control Symposium and PDA Exhibition, 6-8 June 2001, Seattle, Washington, U.S.A., IEEE Service Center, Piscataway, 2001, pp. 4-17