copertina del libro

La rivoluzione dimenticata
Il pensiero scientifico greco

di Lucio Russo

Feltrinelli

EAN 9788807895296

Recensire questo libro è tutt'altro che semplice perché il testo ha diverse chiavi di lettura: la principale è quella di un testo di storia della scienza e, in particolare, di un periodo, quello ellenistico, che, come dice il titolo, è praticamente ignorato dalla storia del pensiero; la seconda chiave di lettura è filosofica, con un succinto ma importante compendio delle idee dell'autore su cosa vuol dire fare scienza e sul rapporto tra modelli teorici e realtà fisica intesa nella sua concezione più immediata, senza affrontare (e scivolare) in problemi più profondi sulla natura della realtà; la terza chiave, infine, è ancora filosofico-politica, filosofia della storia nello specifico, mettendo in seria discussione l'idea ottocentesca di un progresso lineare inarrestabile che dalle caverne del Paleolitico ci porta ai satelliti, ai computer, alla manipolazione genetica e chissà a cos'altro ancora ci aspetta se non distruggiamo prima il nostro pianeta.
Sul tema principale Russo ci travolge letteralmente con la sua cultura enciclopedica, mix ottimale di scienza e classicismo, presentando un quadro impressionante, ancorché qualche volta solo indiziario, a favore della tesi che la scienza ellenistica fosse assai avanzata, sia concettualmente che operativamente, e che solo una serie di eventi concentratisi intorno al 145 a.C. (tra cui la distruzione di Cartagine e di tutta la sua cultura da parte dei Romani che, purtroppo, non avevano per la scienza la stessa passione che avevano per il diritto) ha causato la dispersione, prima, e, poi, la distruzione di tutto il materiale documentale. Indubbiamente qualche volta le prove a supporto sono il risultato di catene di deduzioni plausibili ma non per questo necessariamente vere, altre volte sono vere e proprie pistole fumanti come quella relativa al manufatto di Antikythera , di cui parla anche il numero di gennaio di Scientific American. Ritengo, quindi, che ci siano pochi dubbi sul fatto che la scienza ellenistica fosse molto progredita sia dal punto di vista teorico che da quello pratico e che quindi ci sia stato un sostanziale collasso della conoscenza scientifica. Così come sembra molto plausibile che tante “scoperte” della scienza rinascimentale si siano basate su (o siano state stimolate da) frammenti di testi antichi che proprio in quei tempi venivano riscoperti e che poi, purtroppo, in molti casi si sono nuovamente perduti, forse definitivamente. Anche sulle questioni metodologiche scientifiche più profonde, appare probabile che ci sia stato un qualche contributo, ovviamente impossibile da quantificare, dalla riscoperta della scienza antica.
Arriviamo, come nelle fiabe, alla morale. Come in certi racconti distopici della fantascienza, la scienza e la conoscenza non sono cose che naturalmente durano in eterno. A valle del collasso di una civiltà, o anche solo di una parte di essa, un certa quantità di informazioni viene perduta oppure trasmessa in maniera rituale, avendone perso il significato profondo. Il progresso non è inevitabile, tante civiltà sono crollate (cfr. per esempio Collasso di Jared Diamond), lasciando impressionanti monumenti e popolazioni regredite. La nostra civiltà non è diversa, con l'aggravante che è globale, planetaria e non locale. E Internet è forse più fragile dei papiri e della carta. Ma il collasso non è inevitabile, basta riconoscere i pericoli, pensare a lungo termine e agire per lasciare ai posteri un mondo decente, comprensivo di cultura e scienza.

(aprile SxT-libroalmese)// Dino Esposito