Obbiettivo ambizioso, quello di raccontare la storia della scienza tramite immagini. Anche per uno dei più apprezzati divulgatori scientifici contemporanei, quale l’astrofisico John D. Barrow. Viviamo nell’era dell’immagine. Istruzioni, indicazioni, messaggi pubblicitari, ma anche concetti e idee astratte sono, sempre più spesso, comunicate tramite disegni, icone, cartigli, loghi, segni grafici. In poche decine di anni la tecnologia digitale ha stravolto completamente il canone visuale della comunicazione e, ancora di più presumibilmente, lo farà in futuro. Prima dell’avvento del computer personale, erano impensabili la disponibilità e la trattabilità delle immagini oggi possibile. Anche la comunicazione e la divulgazione della scienza, specie della fisica moderna e dell’astrofisica, sono state travolte da questa rivoluzione. Nei libri, nelle conferenze, nei seminari divulgativi, prima dell’avvento dell’era informatica facevano ancora scuola i pochi disegni a matita con cui George Gamow aveva illustrati i suoi libri degli anni ’60. Oggi le rappresentazioni del Modello Standard, quelle dell’espansione dell’universo, le foto riprese dalla stazione spaziale, quelle degli apparati del Large Hadron Collider, le info-grafiche che tentano di spiegare la scoperta del secolo, costituiscono l’elemento prevalente nei prodotti di divulgazione e popolarizzazione della scienza. Siamo tanto sommersi dalla componente visiva della comunicazione da far temere un negativo effetto di saturazione. Immagine scaccia immagine. Nulla si fissa nella memoria.
L’intento di Barrow nello scrivere questo libro sembra proprio partire da questa costatazione. In questo travolgente bazar delle immagini, cerca infatti di compilare e fissare una storia visiva della scienza, un viaggio tra le immagini che caratterizzano – e probabilmente caratterizzeranno anche in futuro – le scoperte, i risultati scientifici, le teorie, le persone. Egli parte dalle costellazioni e dai segni zodiacali che costituiscono il primo modello realizzato dall’uomo per organizzare cognitivamente il mondo attorno a lui, modello ancora oggi utilizzato nell’astronomia popolare. Lo fa con la riproduzione del catalogo stellare di Ipparco nel globo posto sulle spalle dell’Atlante Farnese, una statua romana del II secolo. Seguono le immagini dei trattati eliocentrici. Tra esse spicca l’-immagine M- di Giovanni Keplero. M per Mundus, indica la Terra e la rappresenta sperduta in un universo di stelle immerse in un cielo buio. Una visione che sorprenderà il lettore per la sua modernità. Barrow ripercorre, attraverso immagini e diagrammi, lo sviluppo dell’astronomia e poi dell’astrofisica fino ai nostri giorni. Seguendolo scopriamo, tra l’altro, che l’analogia iconica usata ancora oggi per introdurre ai non esperti la teoria del Big Bang, quella del palloncino gonfiato, è stata introdotta la prima volta nel 1933 da Sir. Arthur Eddington, l’astronomo che ha confermato sperimentalmente, durante un’eclissi solare la deviazione della luce prevista dalla relatività di Einstein.
Alle visualizzazioni dell’universo, seguono quelle cartografiche della terra e quelle anatomiche del corpo umano. Nella seconda parte del libro dominano invece la matematica e la fisica: i simboli matematici, la rappresentazione cartesiana dei dati, i frattali, le multi-dimensioni, i diagrammi, l’atomo alla Bohr, le immagini delle prime camere a bolle - che svelano l’effimera esistenza di particelle e aprono alla fisica l’era dei rivelatori traccianti -, i loghi, i grafici (e grafi) della fisica moderna.
Barrow guida il suo lettore a ricercare scienza nei capolavori dei grandi artisti, non solo in quelli da sempre comunemente proposti quali Escher e Leonardo. Egli evidenzia, ad esempio, come Vincent van Gogh, nel suo capolavoro Notte Stellata, abbia probabilmente tratto ispirazione dalla galassia a spirale M51 della quale, al momento della realizzazione dell’opera pittorica, erano già stati diffusi articoli e foto in varie pubblicazioni a carattere popolare. Altra presenza inattesa nella galleria delle 542 immagini selezionate è quella della mappa della metropolitana di Londra. Ne scoprirete il perché leggendo “Le immagini della Scienza”, un libro, che non può assolutamente mancare nella biblioteca di chi comunica scienza, ma che è anche ben adatto al pubblico generico. Di facile lettura, scorrevole, piacevole. Ognuno dei suoi 90 capitoli costituisce un’unità di contenuto indipendente che rende più semplice e diluibile la lettura delle 600 e più pagine che costituiscono il libro. Di esse 50 sono dedicate a referenze, note storiche e bibliografie; testimonianza che l’opera è risultato di una ricerca intensa, approfondita, assolutamente originale e creativa.
(GIUGNO 2013: SxT-libroalmese)/Franco Luigi Fabbri