Un libro al mese
Rizzoli
Il libro che vi raccomando questo mese (che ho letto nella versione originale inglese) non è una novità di libreria, ma un classico che ripercorre i passi politici e, principalmente, scientifici che hanno portato al cambio epocale innescato dal lancio della bomba atomica su Hiroshima, il 6 agosto del 1945. Un evento che per qualcuno segna l'inizio dell'Antropocene, l'era geologica caratterizzata dal ruolo primario dell'Uomo nel modificare il pianeta. Altre storie esistono, più o meno ben fatte, sullo stesso tema, ma quello che caratterizza il libro di Rhodes è il ripercorrere non solo gli eventi pubblici, ma anche la vita privata degli scienziati che direttamente o indirettamente hanno contribuito al realizzarsi della bomba. Così incontriamo Szilard, il primo ad intuire le possibilità nascoste nel nucleo, ben prima dei primi risultati sperimentali, Rutherford, Bohr fino a Fermi e Teller, l'intero pantheon della fisica nucleare della prima metà del '900. Li vediamo combattere con risultati a volte contraddittori, con i loro pregiudizi, vediamo alcuni di loro mentre costruiscono a mano gli strumenti necessari per gli esperimenti. Li vediamo prendere delle cantonate (lo strameritato Nobel a Fermi fu dato per aver scoperto nuovi elementi radioattivi quando si trattava invece della fissione dell'Uranio) e li vediamo impegnati in calcoli frenetici, sotto la spada di Damocle (ancor oggi non è chiaro quanto reale, ma certamente molto verosimile in quei giorni bui) della bomba tedesca. E poi riviviamo l'atmosfera di Los Alamos, dove, di nuovo, i nostri personaggi sono descritti in carne e ossa, con le loro fisime, paure, invidie, depressioni, perfino le loro frustrazioni sessuali, un po' diversi dalla versione quasi disumana dello scienziato con cui la storia della fisica viene spesso narrata. Per chi non l'avesse ancora letto, una visione umanizzata del Progetto Manhattan la si può trovare anche nella godibilissima biografia di Richard Feynman (Zanichelli, Sta scherzando Mr. Feynman? del 1988). Comprendiamo anche che Bohr non aveva torto quando riteneva, all'inizio, l'impresa impossibile. C'è voluta tutta la potenza industriale degli Stati Uniti e uno sforzo immane in termini di risorse naturali, macchinari e personale per raggiungere l'obiettivo. Toccanti e dolorosi, ma necessari per capire gli aspetti “umani” degli eventi e per rimanere con i piedi per terra, per ricordare che stiamo parlando di esseri umani e di migliaia di vittime, i capitoli che descrivono la devastazione di Dresda e il dopobomba di Hiroshima. Si innescano qui le riflessioni morali che il libro sfiora solamente. Così come resta inappagata la mia curiosità sull'opportunità o meno di lanciare le due bombe, specialmente la seconda, quella su Nagasaki. Nel rimandarvi ad un altro bel libro (Paolo Agnoli Hiroshima e il nostro senso morale. Analisi di una decisione drammatica di cui parleremo più a lungo prossimamente) per una disamina molto accurata di questi aspetti, resta mia opinione che la seconda bomba più che rappresentare la fine della Seconda Guerra Mondiale, abbia invece rappresentato l'inizio “caldo” della Guerra Fredda; una sorta di piccolo “Big Bang”
(novembre 2015: SxT-libroalmese)/Dino Esposito